giovedì 8 luglio 2010

Di mamma (non) ce n'è una sola

di Anna Grazia Giannuzzi

Viaggio

Pare che ci aspettassero per le quindici e trenta ora italiana, ma noi, seduti sulle nostre valigie, alle quindici precise ci trovavamo già davanti all'uscita dell'Aeroporto Internazionale Eldorado di Bogotà e ci interrogavamo muti sul da farsi.
Avevamo trascorso le ore di volo guardando dei film in spagnolo, per abituarci all'accento, ma quando atterrammo ci fu chiaro che non eravamo preparati a nessun suono, nessuno colore e nemmeno a nessuno degli odori e dei profumi che si intrecciavano intorno a noi come un vento magico e sconosciuto. Profumo di fiori si mescolava al sentore acuto e familiare di inquinamento, e sembrava che anche la pelle delle persone che ci circondavano avesse un odore nuovo, diverso dal nostro anche se simile. Ci sentivamo stupidi perché non avevamo pensato a procurarci delle monetine per telefonare, ma in effetti a tutto avevamo pensato tranne che di dover aspettare da soli che ci venissero a prendere. Poi telefonammo ad Aida, poi venne Gabriel a prenderci, il nostro arrivo anticipato era inspiegabile erano confusi erano mortificati, lo eravamo tutti a turno, indispettiti. Insomma, pensavo io, ho pure subito la perquisizione di una poliziotta, per la prima volta in vita mia. Alla domanda quanti soldi hai, io avevo risposto sibillina “Todos por el tramite de adopcion, tres hijas” e l'avevo fissata negli occhi. In quel preciso momento avevo avuto, per la prima volta, la comprensione esatta di quello che stavo facendo, stavo andando a vivere in Colombia per un tempo imprecisato e per conoscere le mie figlie. Gabriel ci accompagnò in albergo e poi a fare la spesa; e prima ancora a cambiare i dollari in pesos. Non era una vacanza, era proprio una vita. La mia vita.
Il viaggio di ritorno lo trascorsi svegliata ripetutamente dalle hostess, ( mi tiravano letteralmente per le dita dei piedi): le mie figlie, mentre io crollavo dal sonno, gironzolavano per l'aereo schiacciando tutti i pulsanti che trovavano.
Durante l'atterraggio a Parigi Charles de Gaulle le piccole vomitarono, Estefani tra i singhiozzi ripeteva testardamente “Otro avion no!”, cioè non salirò mai più su aereo: ma di lì a poco dovevamo salire sul volo per Verona e mi chiedevo che cosa mi sarei inventata per convincerla
All'arrivo in Europa puzzavamo tutti, avevo tre figlie scapigliate e vestite alla bell'e meglio, non avevo pensato di portare con me più di tre cambi di abiti. Tanti ci guardavano, qualcuno ci sorrideva, al nostro passaggio qualcuno scantonava. L'Europa aveva odore di plastica, e un tentativo di colazione che ci costò trenta euro, sapeva anche di gomma; le bambine la assaggiarono appena. Ci mancava il Kumis, lo yoghurt che bevevamo a Bogotà, e avevamo tutti voglia di frutta. Al caffè bollente e lungo, ma profumato, ci eravamo abituati. Quello europeo aveva un sapore ritrovato, ma non eravamo sicuri che ora ci piacesse davvero
Trovato il nostro gate, io e mio marito ci sdraiammo sulle valigie (ormai era una tradizione), mentre le piccole, con un fazzolettino umidificato che avevo dato loro per pulirsi le mani, avevano deciso di pulire tutta la fila di sedie accanto a noi, e le lasciammo fare.
Fanny, invece, si guardava intorno: nei suoi occhi leggevo stanchezza fisica ed un fervore di curiosità e di speranze che non possono essere più deluse. Fin dai primi giorni della nostra vita insieme in Colombia lei non aveva fatto altro che chiedere “Quanto falta? Quando viajaremos a Italia?”
Io so come è stato il mio viaggio di ritorno, ma non so come è stato il suo: era una bambina mite e con occhi profondi, alla quale una mattina era stato detto di chiamare due estranei mamma e papà,: di noi aveva visto solo un paio di foto che ci ritraevano mentre mettevamo a posto la cameretta che le avrebbe accolte. Credo che lei pensasse solo a quello: come è la casa, come la camera, quanto è grande e come sarà il mio letto? E faceva bene. L'avevo esportata dal suo paese di origine come un fiore raro e prezioso, per noi lo era e lo è. Con amore e cautela ora dovevamo trapiantarla in un terreno sconosciuto: la sua nuova vita, insieme a noi, come famiglia.
Quando arrivati a casa, finalmente si addormentarono tra le lenzuola che avevo scelto accuratamente per loro, i piumini più morbidi e leggeri ed i pupazzi per far loro compagnia, mi concessi un momento per pensare a me.
Poco più di due ore prima avevo chiuso la porta di casa, salutando gli amici che ci erano venuti a prenderci. Al vederli mi si erano riempiti gli occhi di lacrime, che rapida avevo soffocato perché le bambine associavano le lacrime alla tristezza ed io ero molto felice.
Discreti ed affettuosi gli amici se n'erano andati non appena portate dentro le valigie: non volevano interferire con i primi momenti di intimità della nostra nuova famiglia. Anche se mi era dispiaciuto vederli andare via subito, adesso ne ero contenta ed apprezzavo la loro attenzione nei confronti nostri e delle bambine.
Finalmente la mia casa era veramente abitata, vi avrebbero risuonato passi, pianti e risate, musica e la televisione, suoni e odori dalla cucina, il frigorifero che ulula per avvisare che è ora di chiudere lo sportello, e la musichetta del p.c. quando viene acceso. Avrebbe regnato il disordine, e saremmo inciampati nei giocattoli. Mi sentivo soddisfatta, anche se avevo assunto una persona che poi rimettesse tutto in ordine.
Ero stanca, ma pronta a ricominciare, quelle figlie mi davano tantissima energia. Tutto il resto era stata solo una parentesi, un diversivo: il mio vero viaggio sarebbe iniziato il mattino dopo. Al loro risveglio.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

emozionante ricordare quei momenti vissuti con voi. grazie perle belle parole che ci hai riservato.
con affetto
Monica e companeros

Anonimo ha detto...

..nostalgico,commovente,toccante..
antonella

Anna Grazia Giannuzzi ha detto...

Grazie. Soprattutto di leggermi.

Anonimo ha detto...

Che emozione leggere la creazione di una nuova splendida famiglia! Maddalena & Family

Anonimo ha detto...

ciao, sono la ragazza adottata che ha commentato il tuo post precedente.. mi sono un pò commossa leggendo del tuo viaggio, e mi viene da sorridere se penso a quante volte sarai costretta a raccontarlo alle tue figlie quando saranno grandi. io ho chiesto tantissime volte a mia mamma di raccontarmi quello che ha provato quando mi ha vista la prima volta..io giocavo da sola e sambrava non mi accorgessi nemmeno delle persone che mi stavano intorno.. avevo già alzato molte barriere tra me e il mondo anche se avevo appena 17 mesi. se ci penso mi commuovo, e ora che vedo la mia bambina giocare felice e sorridere a chiunque le si avvicini impazzisco di gioa..
mia mamma mi ha amato moltissimo e tuttora mi riempie di affetto, ma ha dovuto portare molta pazienza con me perchè non ho mai smesso di metterla alla prova, fin dai primi giorni. credo cmq che la cosa più importante sia trattare i figli adottivi come si tratterebbe un figlio naturale,perchè solo in quel modo si evita di farli sentire diversi. i miei genitori mi hanno compresa e accettata per quella che sono, ma sono stati severi quando era necessario.
ora provo un senso di enorme tenerezza se penso ai tanti genitori adottivi e ai bimbi che aspettano di essere adottati. e' un cammino difficile e ricco di imprevisti, ma vale la pena percorrerlo. trasmettere felicità e fiducia nella vita è uno dei compiti più importanti dei genitori... auguro tanta gioia alla tua nuova famiglia.

Anna Grazia Giannuzzi ha detto...

ciao e ben tornata. sì è vero raccontiamo già spessissimo la storia del nostro incontro, guardiamo le foto, ci raccontiamo quello che sentivamo in quei momenti. o almeno ci proviamo. a differenza di molte coppie che conosco e che hanno aperto un blog per documentare ad amici e parenti il viaggio , l'incontro e per restare in contatto, io non ho voluto scattare foto di noi insieme prima di qualche giorno. il momento dell'incontro è mio e solo mio. non so se è giusto o sbagliato, ma per me era importante così.
sul fatto di essere messa alla prova ne so qualcosa, è stravolgente e bisogna essere molto forti, ma ho capito che alle mie figlie serve farlo, ed io devo aiutarle in questo, proprio perché sono io la loro mamma. tantissimi auguri anche a te ed alla tua bambina. ci rileggiamo su questo blog!

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