Quando si esagera perché non si ha niente da dire
Gli eccessi e la ripetitività esasperata sono da sempre croce e delizia dell’arte. Correnti come la Pop Art ne hanno fatto una bandiera, elevando il futile e il consumistico a livello di stile. Ma anche prima, col Barocco e prima ancora con maestri del calibro di Botticelli, la ridondanza era sinonimo di opulenza stilistica, di lusso, di maniera.
Ma nel cinema? Cosa comporta la ridondanza nel cinema? A mio parere è una cosa piuttosto negativa. Se penso ai primi film inutilmente eccessivi nelle trovate, mi vengono in mente i cinepanettoni comici, il filone vanziniano che imperversa nelle sale dagli anni ’90. Due decenni di situazioni tragicomiche rimasticate e ripetute fino alla nausea, che strappano sorrisi solo a chi non conosce una comicità più elevata di quella causata da emissioni gassose corporee o menage paradossali di un’italietta tutta tradimenti e chirurgia plastica. Realtà molto lontane da quella quotidiana, ma si sa, se il cinema è la fabbrica dei sogni, non si può pretendere che tutti sognino paradisi tropicali o mete culturali dove rifugiarsi: qualcuno sogna di passare le vacanze a Fregene o Spotorno, e non c’è motivo di biasimarlo per questo.
Ma le ridondanze cinematografiche non sono solo una buccia di banana italiana, Hollywood ci scivola molto più spesso di noi, con film di cassetta - i famosi blockbuster - che spingono sul pedale dell’acceleratore per ciò che riguarda i mezzi produttivi e la spettacolarizzazione. Laddove noi eccediamo in enfasi recitativa drammatica e comicità volgare, loro eccedono in finanziamenti a pellicole stracolme di effetti speciali e attori di calibro per infarcire storie vuote ed elementari, o peggio ancora per infangare un buon primo capitolo con un deludente sequel. È il caso del secondo Transformer o dei disaster movie marchiati Emmerich, che mescolano le paure di tipo ambientalista del cittadino medio in un calderone di devastazione computerizzata e patrimoni storico-artistici distrutti dalla minaccia terrestre e/o extraterrestre.
La ridondanza cinematografica è ancora sinonimo di lusso, di quel dio a cui tutti siamo votati, il Dio Denaro, e per questo condannabile, che ci allontana dall’evoluzione dei valori umani e crea una fastidiosa involuzione di questi verso quelli più bassi, il piacere, in questo caso visivo e della durata – eccessiva - di un primo e un secondo tempo.
Gli eccessi e la ripetitività esasperata sono da sempre croce e delizia dell’arte. Correnti come la Pop Art ne hanno fatto una bandiera, elevando il futile e il consumistico a livello di stile. Ma anche prima, col Barocco e prima ancora con maestri del calibro di Botticelli, la ridondanza era sinonimo di opulenza stilistica, di lusso, di maniera.
Ma nel cinema? Cosa comporta la ridondanza nel cinema? A mio parere è una cosa piuttosto negativa. Se penso ai primi film inutilmente eccessivi nelle trovate, mi vengono in mente i cinepanettoni comici, il filone vanziniano che imperversa nelle sale dagli anni ’90. Due decenni di situazioni tragicomiche rimasticate e ripetute fino alla nausea, che strappano sorrisi solo a chi non conosce una comicità più elevata di quella causata da emissioni gassose corporee o menage paradossali di un’italietta tutta tradimenti e chirurgia plastica. Realtà molto lontane da quella quotidiana, ma si sa, se il cinema è la fabbrica dei sogni, non si può pretendere che tutti sognino paradisi tropicali o mete culturali dove rifugiarsi: qualcuno sogna di passare le vacanze a Fregene o Spotorno, e non c’è motivo di biasimarlo per questo.
Ma le ridondanze cinematografiche non sono solo una buccia di banana italiana, Hollywood ci scivola molto più spesso di noi, con film di cassetta - i famosi blockbuster - che spingono sul pedale dell’acceleratore per ciò che riguarda i mezzi produttivi e la spettacolarizzazione. Laddove noi eccediamo in enfasi recitativa drammatica e comicità volgare, loro eccedono in finanziamenti a pellicole stracolme di effetti speciali e attori di calibro per infarcire storie vuote ed elementari, o peggio ancora per infangare un buon primo capitolo con un deludente sequel. È il caso del secondo Transformer o dei disaster movie marchiati Emmerich, che mescolano le paure di tipo ambientalista del cittadino medio in un calderone di devastazione computerizzata e patrimoni storico-artistici distrutti dalla minaccia terrestre e/o extraterrestre.
La ridondanza cinematografica è ancora sinonimo di lusso, di quel dio a cui tutti siamo votati, il Dio Denaro, e per questo condannabile, che ci allontana dall’evoluzione dei valori umani e crea una fastidiosa involuzione di questi verso quelli più bassi, il piacere, in questo caso visivo e della durata – eccessiva - di un primo e un secondo tempo.
2 commenti:
concordo pienamente con te, anche se per fortuna gli ultimi blockbuster americani che hai nominato almeno nel nostro paese mi pare siano stati un mezzo flop ( forse il pubblico italiano si e' svegliato), per i cinepanettoni e' un discorso a parte, senza fare politica ma solo un' osservazione, se mezza italia ride per un potente che fa le corna ad un G8 e' nella logica delle cose che un film ,dove le piu' grosse risate in sala si sentano in concomitanza delle citate "emissioni gassose" , abbia successo!
In generale penso che ci ricordiamo i sogni che ci emozionano, che parlano un linguaggio semplice e diretto, sogni essenziali, per così dire. Quando si mettono in cantiere sogni troppo complessi e privi di un significato importante, è più difficile ricordarli ed esserne coinvolti. La metafora sogni-film è un po' azzardata, ma il concetto è quello. I cinepanettoni? Tipici, scontati e poco sani, come il panettone... appunto :-)
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