il Nome
Il nome è il suono che diamo a persone fatti oggetti per conoscerli e per identificarli.
Da tempo si è avviata questa tendenza della parola straniera tra scritti Italiani.
Provate a leggere un articolo che parli di passioni, sogni, giochi, colori, viaggi, moda e moda che non abbia almeno una parola o nome in lingua Inglese.
Insegna quell’eccentrico di Karl Lagerfeld che parla in Tedesco, Francese e Italiano con nuovi termini mixati da queste tre lingue con i suoi assistenti, poveri loro. Nel campo della moda sia nella lingua scritta che parlata abbiamo molti termini, nomi e descrizioni in Inglese. Difatti negli anni Ottanta dalla musica ‘hip hop&funky’ di getto si arriva alla ‘street culture’, alla ‘block generation’, invece con Boy George&co c’è il ‘glam’ con travestimenti vari.
Cindy Lauper con il suo ‘extravagance look’ dal ‘punk-rock’ insieme la sua cugina di campagna Madonna (sì Italiana) lancia il ‘girl power’ (ben prima delle Spice).
Le Major capiscono i meccanismi per una migliore vendita di tale prodotto: la musica va a braccetto con la moda e viceversa, la moda è influenzata dalle correnti musicali.
Nascono il ‘target’, ’competitors’ (Pepsi sta alla Coca - Cola come Cindy Lauper a Madonna),le classifiche ‘pop chart’ ‘top of the pop’ con Cip&Ciop.
C’è la ‘dance’, la ‘new wave’, le nuove onde sonore con al seguito nuovi e diversi stili di abbigliamento dagli approcci più o meno vestibili (e gestibili).
Arrivano gli anni Novanta e conosciamo il ‘grunge’, ‘l’alternative rock’ per arrivare al periodo ‘radical chic’ e neo esistenzialista. Nero,minimale e chic.
Per l’appunto ecco nuove terminologie: tutti i ‘backstage’ per dire ‘il dietro le quinte’, arriva il ‘making off’ sempre legato al video musicale e film, nonché i fuori onda delle interviste e sfilate.
Conosciamo ‘make up artist’ al posto del ‘truccatore’,termine ora legato più al teatro che alla moda. Come non incontrare lo ‘hair stylist’ che sostituisce il provinciale parrucchiere,abbiamo anche il ‘coiffeur’ e il ‘creative’. Stilista? no stilista. Le scuole ora formano il ‘fashion designer’.
Attenti questa non è una polemica, è solo constatare un cambiamento nel campo moda risultato di un maggiore flusso straniero in ogni dove.
Questo il lato che mi affascina della moda: c’è uno scambio di stili, nuovi stimoli, diverse visioni, un mix unico di menti, colori,tagli, cucito e disegni che rende un progetto creativo,originale e unico. Come ho sempre pensato e detto il mix è la cosa migliore perché alle volte esce il meglio di entrambi le parti. Con tutti questi inglesismi si arriverà un giorno a conoscere un nome proprio.
Karl, Roberto, Donatella, Stella and Nicola (chi conosce quest’ultimo nome allora è veramente ‘cool’ ed egli è il mio spirito guida) e un giorno rivelerò la mia professione e il mio secondo nome.
Il nome è il suono che diamo a persone fatti oggetti per conoscerli e per identificarli.
Da tempo si è avviata questa tendenza della parola straniera tra scritti Italiani.
Provate a leggere un articolo che parli di passioni, sogni, giochi, colori, viaggi, moda e moda che non abbia almeno una parola o nome in lingua Inglese.
Insegna quell’eccentrico di Karl Lagerfeld che parla in Tedesco, Francese e Italiano con nuovi termini mixati da queste tre lingue con i suoi assistenti, poveri loro. Nel campo della moda sia nella lingua scritta che parlata abbiamo molti termini, nomi e descrizioni in Inglese. Difatti negli anni Ottanta dalla musica ‘hip hop&funky’ di getto si arriva alla ‘street culture’, alla ‘block generation’, invece con Boy George&co c’è il ‘glam’ con travestimenti vari.
Cindy Lauper con il suo ‘extravagance look’ dal ‘punk-rock’ insieme la sua cugina di campagna Madonna (sì Italiana) lancia il ‘girl power’ (ben prima delle Spice).
Le Major capiscono i meccanismi per una migliore vendita di tale prodotto: la musica va a braccetto con la moda e viceversa, la moda è influenzata dalle correnti musicali.
Nascono il ‘target’, ’competitors’ (Pepsi sta alla Coca - Cola come Cindy Lauper a Madonna),le classifiche ‘pop chart’ ‘top of the pop’ con Cip&Ciop.
C’è la ‘dance’, la ‘new wave’, le nuove onde sonore con al seguito nuovi e diversi stili di abbigliamento dagli approcci più o meno vestibili (e gestibili).
Arrivano gli anni Novanta e conosciamo il ‘grunge’, ‘l’alternative rock’ per arrivare al periodo ‘radical chic’ e neo esistenzialista. Nero,minimale e chic.
Per l’appunto ecco nuove terminologie: tutti i ‘backstage’ per dire ‘il dietro le quinte’, arriva il ‘making off’ sempre legato al video musicale e film, nonché i fuori onda delle interviste e sfilate.
Conosciamo ‘make up artist’ al posto del ‘truccatore’,termine ora legato più al teatro che alla moda. Come non incontrare lo ‘hair stylist’ che sostituisce il provinciale parrucchiere,abbiamo anche il ‘coiffeur’ e il ‘creative’. Stilista? no stilista. Le scuole ora formano il ‘fashion designer’.
Attenti questa non è una polemica, è solo constatare un cambiamento nel campo moda risultato di un maggiore flusso straniero in ogni dove.
Questo il lato che mi affascina della moda: c’è uno scambio di stili, nuovi stimoli, diverse visioni, un mix unico di menti, colori,tagli, cucito e disegni che rende un progetto creativo,originale e unico. Come ho sempre pensato e detto il mix è la cosa migliore perché alle volte esce il meglio di entrambi le parti. Con tutti questi inglesismi si arriverà un giorno a conoscere un nome proprio.
Karl, Roberto, Donatella, Stella and Nicola (chi conosce quest’ultimo nome allora è veramente ‘cool’ ed egli è il mio spirito guida) e un giorno rivelerò la mia professione e il mio secondo nome.
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