Polvere di diamante
a cura di Antonella Passoni
Ho visto il tuo bacio pulito e candido in una fotografia di vacanze. Quanta tenerezza nel tuo sguardo. La nostalgia stringe il respiro e il cuore pesa perché sei diventato grande; chissà se ricordi ancora l’incenso della messa e il suono della ricreazione di quando eri bambino.
Le lacrime scendono dagli occhi, non le trattengo, le lascio andare per la loro strada.
Attraverseranno pendii erbosi assieme alle cerve madri. Quando sono dentro i boschi, il loro fiato caldo arriva sempre d’improvviso e si ferma sui miei tendini stanchi.
Le saluto con gli occhi mentre i loro fianchi saltano tra i sassi. Muovono piano le narici e respirano il mio odore; dicono che si prenderanno cura di me e delle miei simili, anime straniere sulla terra degli umani.
La mia serenità è per sempre persa, ma a volte, tra le nuvole dell’estate, trovo momenti di luce. Torri bianche bucano il cielo e si alzano verso un mondo infinito, poi si allungano, dentro vie di stelle che non conoscerò mai. Sono strade trasparenti come polvere di diamante, limpide come le acque dei nevai.
Leggo due righe, scritte sulla pagina prima, di un libro nuovo. Sono per me ma non mi appartengono.
Il silenzio della lepre bianca non può correre in mezzo ai poveri passi di un tango di balera e sapore di birra; il candore delle impronte, si perde dentro la miseria del mondo e scompare.
La cupezza volteggia sui tacchi e le collane, mentre l’odore di sudore e deodorante, cancella quello che c’è stato.
Il rossetto segna i bordi dei bicchieri e la sete si estingue sui sedili di un auto, tra un orecchino perso e l’illusione di aver detto qualcosa che resterà per sempre.
Per sempre non esiste, quello che resta è il secco delle sigarette in fondo alla gola e la voglia di tornare con le cerve dai fianchi tesi.
Ho visto il tuo bacio pulito e candido in una fotografia di vacanze. Quanta tenerezza nel tuo sguardo. La nostalgia stringe il respiro e il cuore pesa perché sei diventato grande; chissà se ricordi ancora l’incenso della messa e il suono della ricreazione di quando eri bambino.
Le lacrime scendono dagli occhi, non le trattengo, le lascio andare per la loro strada.
Attraverseranno pendii erbosi assieme alle cerve madri. Quando sono dentro i boschi, il loro fiato caldo arriva sempre d’improvviso e si ferma sui miei tendini stanchi.
Le saluto con gli occhi mentre i loro fianchi saltano tra i sassi. Muovono piano le narici e respirano il mio odore; dicono che si prenderanno cura di me e delle miei simili, anime straniere sulla terra degli umani.
La mia serenità è per sempre persa, ma a volte, tra le nuvole dell’estate, trovo momenti di luce. Torri bianche bucano il cielo e si alzano verso un mondo infinito, poi si allungano, dentro vie di stelle che non conoscerò mai. Sono strade trasparenti come polvere di diamante, limpide come le acque dei nevai.
Leggo due righe, scritte sulla pagina prima, di un libro nuovo. Sono per me ma non mi appartengono.
Il silenzio della lepre bianca non può correre in mezzo ai poveri passi di un tango di balera e sapore di birra; il candore delle impronte, si perde dentro la miseria del mondo e scompare.
La cupezza volteggia sui tacchi e le collane, mentre l’odore di sudore e deodorante, cancella quello che c’è stato.
Il rossetto segna i bordi dei bicchieri e la sete si estingue sui sedili di un auto, tra un orecchino perso e l’illusione di aver detto qualcosa che resterà per sempre.
Per sempre non esiste, quello che resta è il secco delle sigarette in fondo alla gola e la voglia di tornare con le cerve dai fianchi tesi.
2 commenti:
Ascolta Antonella, sei proprio brava!!!!!!
macchè..siamo brave!questa è la forza diR.S...sorelle,grazie per avermi dato la possibilità di scrivere!!maddalena un abbraccio grande come l'universo.
antonella
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