martedì 21 aprile 2009

DI MAMMA (NON) CE N'E' UNA SOLA


Mi sono sbagliata
a cura di Anna Grazia Giannuzzi

Devo ammetterlo. Ci sono scrittrici italiane che sanno parlare di adozione senza patimenti d’animo ed inutili sbattimenti lacrimosi. Era solo che io non conoscevo Emilia Marasco. Ha scritto “La memoria impossibile”, un libro breve diviso in brevissimi paragrafi, intensi e profondi, ognuno dei quali si apre come un pop-up e ti catapulta nella vita dei suoi figli in Africa, in Etiopia, con profusione di suoni, profumi, colori e sapori. E gioie e dolori.

E’ così che si ama un figlio africano, ma è così che si amano tutti i figli adottati: abbracciando il loro paese d’origine, mescolandosi a quella terra, quell’acqua, quell’aria, o a quel poco di tutto ciò che la memoria di un bambino riesce a non disperdere.
I figli adottivi arrivano con i loro ricordi, spesso senza un vestito ma con il ricordo di un vestito, senza un giocattolo ma con il ricordo di un giocattolo, senza la madre o il padre naturale, ma con il ricordo di quei volti e di quegli abbracci. E ti chiedono di accettare, di contenere quel bagaglio con cui arrivano nel nuovo paese, pregandoti di rispettare quel legame che con la consapevolezza del tempo che passa e del distacco, gli diventa pesante, ma che non possono e non devono disconoscere.
Una madre adottiva non potrà mai sostituirsi alla donna che ha partorito i suoi figli, e che, a volte, per un tempo più o meno lungo, è riuscita ad essere madre nel senso pieno della parola.
Questa cosa a volte si sente d’istinto, altre deve essere oggetto di riflessione.
È molto difficile resistere alla tentazione di dire lei non ti ha voluto, sono io che ti ho scelto, sono io che ti amo, sono io la tua mamma. Ma svalutare le precedenti figure genitoriali è l’errore più grande che si possa fare se si vuole avere davvero la chance di essere adottati dai propri figli adottivi. E non fa automaticamente di noi una madre o un padre. Insieme ai nostri figli dobbiamo accettare i loro genitori.
Negli ultimi tempi la mia figlia più piccola mi accudisce in un modo sorprendente: quando siamo a letto la sera a guardare i cartoni mi rimbocca la coperta, quando siamo sedute accanto a mangiare, mi porge il tovagliolo, o mi allontana la frangetta dalla fronte. Sgrida la sorella più grande perché salta sul mio letto appena fatto e quando camminiamo mano nella mano si lamenta che la mia presa non è abbastanza ferma.
Il giorno di Pasquetta, mentre aspettavamo il nostro turno in un microscopico quanto affollato bagno di un rifugio, mi ha chiesto davanti a tutti perché mai avessi deciso di adottarla e se mi era dispiaciuto di non potere avere figli.
Dopo qualche giorno un po’ arrabbiata mi ha detto che poi lei li voleva conoscere.
- Chi, amore. Di chi stai parlando?
- I colombiani, no! –
Mi ha lasciato senza parole, in quei momenti è così difficile capire se stai trovando le parole adatte.
- Lo so amore che ti dispiace. Il fatto è che eri molto piccola.
Mi ha guardata dritta negli occhi, ha preso il mio viso tra le mani ed in un soffio mi ha detto:
- È che io non me li ricordo….

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sconcertante...e commovente
ciao
antonella

Maddalena ha detto...

Mamma mia, Anna Grazia, devi essere veramente in gamba perchè penso che tu stia cercando di "fare la mamma" con un grande amore; può serbrare banale e scontato, ma non è così.

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