COSA C'è SOTTO
a cura di Ludovica Falconi
La percezione che l’uomo ha del suo corpo e del modo in cui lo copre (e lo scopre) ci parla d lui. Oltre a svolgere la più pratica funzione di protezione, l’abito, e ancora di più la biancheria intima, giocano con il concetto di seduzione da sempre soggetto alla classe sociale a cui si appartiene, il proprio genere, il grado di sviluppo o la religione.
Interessante è la tesi di Mc Luhan secondo la quale nelle società sviluppate e individualiste come la nostra, in cui la vista è il senso più utilizzato, l’ abito e il sesso permettono al corpo di riacquistare la propria soggettività e di trovare nella nudità una fonte d’eccitazione.
Le società tribali, invece, non conoscendo il significato di privacy e utilizzando tutto l’ apparato sensoriale vivono nudità e sessualità in modo ordinario e non capirebbero mai perché per noi una guepiere è tanto provocante.
Roland Barthes afferma che dove c’ è un tabù c’è un desiderio: niente di più vero per una società voyerista come la nostra.
L’abbigliamento intimo risale all'antico Egitto con le tuniche a diretto contatto con la pelle, usanza che verrà seguita anche dalle donne greche.
Nell’antica Roma, oltre alla tunica compare quello che ormai è il simbolo della femminilità: il reggiseno, chiamato all’epoca mammillari.
Le nostre mutande derivano non a caso dal latino mutandae (dal verbo mutare) proprio per indicare il frequente ricambio a cui erano soggette.Ma è nel Medioevo che nasce la vera e propria biancheria intima, si usavano capi più fini sotto gli abiti, per separarli dal diretto contatto con la pelle. In questo periodo, grazie alle scoperte sulla lavorazione della seta, nascono anche le prime calze, ma a portarle erano esclusivamente gli uomini.
Nel Rinascimento si utilizzavano camicie, come elemento principale del guardaroba, e brachesse, lunghe fin sotto al ginocchio e volute dalle autorità per una questione di pubblico decoro. In questo periodo si vedono anche le prime giarrettiere che consistevano in laccetti che stringevano le calze sulle gambe.
La parola biancheria si incontra per la prima volta in Francia all’inizio del Seicento, secolo che vede l’introduzione del corsetto o busto, una specie di guaina che avvolge il corpo della donna da sotto il seno fino al ventre.
Nel Settecento compare il paniere, una gabbia di cerchi di vimini posta intorno alla vita e si assiste allo sviluppo delle sottogonne usate una sopra l'altra anch'esse utilizzate per gonfiare le gonne.
L'Ottocento è il secolo del busto, esso diviene l'indumento intimo per eccellenza, e tra le donne dell'epoca impazza la moda del vitino da vespa. Tantissime sottogonne sovrapposte, mutandoni e giarrettiere che segavano le gambe, busti così stretti da spostare gli organi interni. Questi furono solo alcuni dei tanti sacrifici che le donne hanno subito in nome della bellezza e della moda.Durante la Grande Guerra furono forse le suffragette a liberarsi per prime dal busto a stecche mentre a decretarne la vera abolizione fu il grande sarto francese Paul Poiret negli anni ’20. Dopo il 1918 in America cominciarono ad apparire gli slip, mutande sempre più accorciate e attillate.
Quello che è per noi oggi la biancheria intima è diventata una scelta e in piacere che è il riflesso della nostra personalità. E si sa quello con cui ci sentiamo più a nostro agio è anche quello che ci fa sentire più belle e sicure.
6 commenti:
Sono d'accordo con te, mentre Freud, che aveva dei problemi col corpo nudo femminile, sembra dare un'accezione negativa agli indumenti come accentuazione della sessualità, condannandoli come feticismo.
Ciao, da Vladimiro
Anch'io concordo con l'affermazione finale di Federica, l'importante è sentirsi a proprio agio.
Comunque, cara Fede, mi ha appassionato la storia dell'intimo femminile.
Qual'è il quadro che hai scelto di mettere ?
Elena
Ottima la scelta del quadro!!
la foto è del pittore impressionista Toulouse Lautrec, da buona appassionata di moda il mio archivio di foto e opere d'epoca è molto vasto e sono contenta di poterlo condividere con voi!
Ludovica
un pò di feticismo nella scelta di qualcosa che si indossa c' è sempre, sopratutto per qualcosa che molto spesso vediamo solo noi e sappiamo solo noi di indossare, ma Freud si sa, tendeva ad esagerare..
Ludovica
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