lunedì 29 ottobre 2007

Psyché

Scrivere: fa bene o fa male?

A cura di Susana Liberatore

Come sempre, prima di metterci a parlare di un argomento cosí difficile, forse é meglio ricordare il complicato legame etico tra ll “bene” ed il “male” per la Psicoanalisi. Al di lá dell ´innocente idea di pensare che la felicitá coincida con il benessare, gli uomini (oppure “esseri parlanti”) provano perplessitá ed incomprensione a capire se c´é qualche limite preciso tra questi concetti.
Un piacere che si prolunga senza necessitá, un sogno che non si compie senza un perché.....Perché?. Continuare a consumare una sostanza che fa male, a mangiare senza limite, a non potere frenare ne dire –“basta”!, sapendo ed anche sentendo che fa male. Perché?.
Come sempre, queste cose sorpassano l ´obiettivo di questo testo, ma servono a capire il senso complesso e necesario di una spiegazione sull’ atteggiamento umano in relazione all’arte.
Ritornando all’atto della scrittura, ricordiamo che abbiamo parlato di due universi che si toccano ma non si mescolano. Uno, possiamo definirlo come il vuoto, l’altro come le parole oppure l’universo simbolico. Possiamo dire che l´arte é il trattamento simbolico di questo vuoto, cioé la scrittura sarebbe il tessuto che si fa per circoscrivere questo vuoto. Uno scrittore é chi riesce a collegare questa soluzione sublimatoria ai rapporti del soggetto con il vuoto.
Allora, ci troviamo davanti a due questioni: da un lato, il famoso profilo dello scrittore tormentato, sofferente e tante volte collegato con la pazzia. Ma per l’altro, e sopratutto in questi ultimi anni, sorgono proposte di scrittura creativa, pittura, musica, ecc. per le malatie mentali gravi.
Infatti, ci sono collegamenti tra i melanconici e gli scrittori: tutti e due sono costretti, in particolar modo, a giocare nella palestra del vuoto/simbolico. Ma la differenza é che mentre nel melanconico il soggetto resta prigionero di un´identificazione mortífera con il vuoto, nella sublimazione dello scrittore, il vuoto diventa la condizione di un’ attivitá creatrice.

5 commenti:

Anna Grazia Giannuzzi ha detto...

ai corsi di scrittura creativa ho spesso sentito dire che se si scrive "per stare meglio" o per risolvere diciamo un conflitto interiore è meglio lasciar perdere, perchè non si potrà arrivare a nulla che avrà le caratteristiche di un testo di letteratura, ma tutt'al più si otterrà una pagina di diario utile per chi la ha scritta.
Cosa ne pesni di queste affermazioni?

Susana Liberatore ha detto...

Sono assolutamente d´accordo con il tuo commento, Anna Grazia!. Una cosa é la scrittura, oppure un testo di letteratura fatto di parole, ed altra, le parole che si rivolgono ad un psicoterapeuta.

Maddalena ha detto...

Susana, tu ritieni che un testo per essere un buon testo, debba prescindere da esperienze personali; oppure che quello che sia da evitare sia solo la dissertazione psicologica. scusa ma non mi è tanto chiaro.
Ciao.

Susana Liberatore ha detto...

Prima di tutto vorrei ringraziare i vostri commenti che mi permettono di chiarire ed approfondire alcuni particolari su questo argomento.
Ritengo che sia impossibile prescindere dall'esperienza personale quando si scrive un testo, anzi è a partire da quest'esperienza che si riesce a scrivere. Ma non doviamo confondere la scrittura con la terapia, poiché la terapia ha un obiettivo diverso; la scrittura invece può essere un'eccellente dissertazione psicologica ma non è terapia.
Da un'altra parte, la sublimazionela della pulsione dello scrittore, è tuttavia un modo privilegiato di vivere (anzi, direi uno dei migliori modi per vivere).

Maddalena ha detto...

Grazie Susana, sei stata molto esauriente.

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