giovedì 20 gennaio 2011

Mai innamorarsi del proprio testo

Natascia Ronchetti, giornalista
di Barbara Pirini

Colpo di fulmine




Intervista a Natascia Ronchetti, giornalista

Cosa ti ha portato a scegliere la professione di giornalista? 
Un po' è stato il caso. Anche se alle scuole medie ero la direttrice del giornalino scolastico: forse ero predestinata, chissà... Fin da piccola ho coltivato una grande passione per la scrittura. E sono sempre stata animata da una forte curiosità intellettuale, che è sicuramente una spinta importante per fare il mestiere di giornalista. Ma la vera molla fu la proposta che mi arrivò da una emittente televisiva privata. Il capo redattore mi chiamò a collaborare alla realizzazione del notiziario. Fu praticamente un colpo di fulmine. Mi entusiasmai scoprendo che la curiosità poteva fondersi con la voglia di narrare: il giornalismo richiede anche questo, il desiderio di ascoltare - e guardare - per poi raccontare fatti e persone. Ho cominciato ad avvertire, quasi stupita, la scarica di adrenalina procurata dalla notizia e l'interesse per l'approfondimento degli eventi. Sto parlando di vent'anni fa, da allora quella eccitazione non è mai scemata.




Come sei arrivata a scrivere per una testata giornalistica importante come Il Sole 24 Ore? 
In parte sono stata fortunata, anche se credo di essermi guadagnata tutti i piccoli progressi che ho fatto, cercando di restare sempre fedele al rigore che dovrebbe essere sempre chiesto a un giornalista. Ancora adesso a volte mi stupisco di quanto sia importante questo mestiere - non dobbiamo mai dimenticare che i giornalisti informano e quindi contribuiscono in modo determinante alla formazione delle idee e delle opinioni – e di quanta responsabilità richieda. Ecco: il rigore consente di acquisire e conservare credibilità, ho tentato di mantenere la rotta imparando da alcuni bravi colleghi, più anziani, che mi sono stati maestri. Mi sono occupata per anni di cronaca giudiziaria e politica, ho lavorato sia nella carta stampata che nella televisione, sempre con l'obiettivo di capitalizzare le esperienze, anche quelle negative: gli errori insegnano, importante è non accettare troppi compromessi. Poi mi sono imbattuta nell'economia, materia tanto difficile quanto anche entusiasmante: offre una diversa prospettiva su ciò che accade nel mondo.

Hai mai pensato di scrivere un libro? Se sì che genere sceglieresti? 
Ci ho pensato molte volte, anche se per mancanza di tempo non mi sono mai veramente impegnata. In realtà un libro l'ho scritto: a quattro mani e su temi economici. La narrativa, che è il mio grande amore, continua però a tentarmi. Una volta avevo imbastito una traccia su un anziano assassino che racconta al nipote cosa si spalanca nella vita quando si oltrepassa un limite che non consente più di tornare indietro. Mi aveva ispirato una fatto di cronaca, pensavo a un cammino nell'anima, nelle passioni umane. Più che a un noir a una storia sulla ricerca estrema di felicità e sugli inganni che dispensa. Magari potrei ripartire da lì. Pensando a un autore che mi piace molto, George Simenon.

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