lunedì 11 ottobre 2010

Lezioni americane

di Irene Zennaro

A bus called desire

Mount Pleasant – downtown, dove si trova l’ufficio, e’ una corsa di 15 minuti, traffico permettendo, ed un rituale mattutino sempre uguale.
Si spia la faticosa risalita del bus per la collina e ci si butta a precipizio per le scale moquettose. Una volta fuori si inizia a correre verso la fermata distribuendo saluti al barrio intero (questa gente mi lava i vestiti, mi taglia l’insalata e anche i capelli, ma questa e’ un’altra storia).
C’e’ sempre posto a sedere sui sedili imbottiti e fa sempre troppo freddo o troppo caldo. E’ come andare a trovare la nonna. Ma niente paghetta belli. Ci sono loro però: il mio bestiario personale. Gente intubata con ipod, altri che nel dormiveglia leggono e mangiano, quelli che ancora sognano, quelli che urlano al telefono, quelli che pensano alla serata passata o a quella che deve venire. Quelli che lavorano nelle NGO oppure per il governo, i muratori, manovali, donne di servizio in case molto più belle delle loro, bambini che vanno a scuola vestiti come rapper, rapper fattorini di giorno, calzini bianchi corti e cravatte (non e’ Piero Angela, giuro), unghie multicolori. Quello che ti dorme sulla spalla e quello che legge il tuo giornale (oppure tutte e due le cose assieme). Se riesco anche a non rovesciare il caffè e’ una buona giornata.
Ho mal di testa e sono solo le 8. Forse domani vado a piedi.

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