mercoledì 15 settembre 2010

I love shopping

di Tamara Nocco

Memorie di una boutique per bene, La punkabbestia

Bologna è la città dei punkabbestia, si sa, credo che, per una particolare legge della cibernetica, un po’ come fanno le farfalle, i punkabbestia di tutto il mondo comunichino fra di loro da lontano e si diano appuntamento qua, sotto i portici e fra le strade di Bologna. Noi bolognesi siamo abituati ai punkabbestia, ma questa reale prolificazione ha fatto sì che la città si divida, dal punto di vista sociologico-vestiario, nettamente fra frikkettoni e fighetti. I punkabbestia fanno part della tribu dei frikkettoni, ovviamente, e si concentrano tutti in una zona precisa, quella che va dalle due torri a porta zamboni, detta “zona universitaria”, verso nord, mentre i fighetti trovano il loro habitat naturale vrso il sud, dalle torri ai colli. I frikkettoni esistono, come specie umana, dalla notte dei tempi, prima amavano farsi chiamare hippie e volevano aprire la piadineria in india, ora si chiamano punkabbestia e vogliono, insieme al loro cane, convincerti che, per non so quale legge etica, tu hai il dovere di dargli 50 centesimi perchè loro sono punk e hanno la bestia.
I fighetti ci tengono moltissimo a differenziarsi dai frikkettoni, ed è per questo che hanno inventato un codice tutto loro che si rinnova con una cadenza che va dai 3 ai 5 anni, diciamo una divisa concordata, che si manifesta intorno agli anni 90 nel Woolrich, negli anni 2000 nel Belstaff tenendo comunque sempre come riferimento la borsa di Vuitton. Vale sia per uomini che per le donne, i fighetti sono facilmente riconoscibili dal capo di abbigliamento che, al momento, gli dà più sicurezza. A volte ne vedi alcuni con le scarpe a punta color kaki impunturate, ma quelli sono i romagnoli, è un’altra cosa. Torniamo a noi. Ebbi la visionaria pretesa, tempo fa, di aprire un negozio che non vesta né i frikkettoni né i fighetti, diciamo una cosa mai vista, con pezzi mai visti, eleganti ma particolari, insomma, tutto il contrario di Amsterdam (cit.). Da me vengono soprattutto gli stranieri, il che, dal punto di vista economico non è una gran vittoria, a volte vengono i fighetti che si fanno riconoscere con la tipica frase “finalmente delle cose diverse!” ma poi non comprano nulla e vanno in Galleria Cavour. Quasi mai vengono i frikkettoni, probabilmente perchè io sono, per loro, una schiava del consumismo capitalista che sfrutta i poveri per vestire i ricchi. Vabbè.
Un giorno, mentre ero in negozio a pensare fra me e me sulla convenienza dell’essere diversi, è entrato un esemplare femmina di punkabbestia, perfetta nel suo ruolo, carina, tutta nera e sdrucita, piena di piercing con i capelli rasta e con bestia di razza pitbull al seguito. Adesso, se io avessi ragionato con la mentalità della negoziante media bolognese, cosa che mi converrebbe fare nel 99% dei casi, l’avrei guardata con sufficienza e avrei aspettato che se ne andasse, senza perderla d’occhio un istante, ma pare che questo l’avesse già fatto il negoziante 20 mt prima di me, peggio per lui.
La punkabbestia mi chiede di provare un vestito che io chiamo dall’inizio della stagione “bello e impossibile” abito splendido di velluto in seta, di fattura londinese, con stampa futirista del prezzo di 1.250 euro.
Sopresa della scelta, le passo il vestito e propongo di badare alla bestia, sperando, metre lei è in camerino, di non essere azzannata alla caviglia. Dopo pochi minuti, mentre io e la bestia ci guardiamo negli occhi chiedendoci entrambi il perchè di questa confidenza che mi porta a reggere il suo guinzaglio, chiedendomi se il cane sia consapevole di essere la bestia di un punk, la ragazza esce, già rivestita, smontando quel minimo di speranza che mi ero costruita. Già convinta dell’ insuccesso, faccio per rimettere l’abito sulla gruccia al suo posto quando, colpo di scena, la ragazza indispettita con piglio fiero mi fa “no no, lo prendo, lo prendo”.
Mentre nelle orecchie sento il suono lontano di “working class hero”, la punkabbestia mi passa un’American Express gold che io striscio nell’apposita macchinetta la quale, vittoriosa, tintinna alla scritta sul display “transazione eseguita”.
Saluto la ragazza e accarezzo la bestia. Come bella la diversità!

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