In viaggio con Erodoto di Ryszard Kapuscinski
Sentito mai parlare di Kapuscinski?
Pensavate che fosse la parola con cui i Polacchi ordinano un cappuccino al bar?
(La battuta non è mia ma di un giornalista americano che comincia così il suo articolo sul grande collega polacco.)
Kapuscinki è un grande giornalista e non solo. Ci apre nuovi modi di vedere il mondo.
La sua storia: frequenta l’Università di Varsavia e, nell’ambito della storia greca antica, sente nominare le “Storie” di Erodoto, che però diventeranno disponibili in Polonia solo nel 1955, dopo la morte di Stalin.
Il caporedattore del giornale in cui lavora gliele regala, finalmente tradotte, poco prima della sua partenza per il primo reportage all’estero.
Da quel momento Kapuscinski ed Erodoto fanno amicizia e il greco segue l’amico ovunque vada: gli sarà maestro di vita e compagno di viaggio , una illuminante, piacevole presenza durante le soste e i momenti di quiete.
Al giornalista moderno interessa lo storico antico ma anche l’essere umano che fu Erodoto, del quale non ci sono arrivate notizie.
Di lui Kapuscinski si chiede, “Che tipo di bambino è, il piccolo Erodoto? Sorride a tutti e dà volentieri la manina, oppure fa il ritroso nascondendosi tra le gonne della mamma. […] E a scuola? Accanto a chi sta di banco? E’ stato messo in punizione vicino all’ultimo della classe?”
Il greco affascina il polacco. Ma perché? Cosa li accomuna?
Entrambi vogliono varcare le frontiere dello spazio e del tempo, “Perché,” dice Erodoto, “ le imprese degli uomini non siano dimenticate.”
E aggiunge Kapuscinski, “tutti gli uomini di quel mondo sono ossessionati dalla stessa paura. […] Ma la memoria è inafferrabile e traditrice: non ricordiamo più e dietro a questo non ricordare si spalanca la zona dell’ignoranza, ossia della non esistenza.”
Erodoto viaggia per “indagare” sul passato, il primo giornalista di inchiesta apparso sulla scena del mondo, dichiara Kapuscinski,
.Anche il polacco si sposta nel mondo, trascinato dalla stessa passione che animava l’antico storico e ci spiega che “un viaggio non inizia nel momento in cui raggiungiamo la meta . In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrere dentro anche dopo che ci siamo fermati.”
Avete mai pensato a un viaggio in questo modo? E’ chiaro perché Kapuscinski non è solo un giornalista ma tanto di più?
Lui vuole vedere, capire e ricordare .
Quel “nastro dei ricordi ” continuerà a scorrere dentro di lui perché la cultura degli altri lo aiuterà a meglio comprenderà meglio la sua. E vedere l “altro” gli farà capire meglio sé stesso.
Per entrambi, l’uomo di duemila e più anni fa e il nostro contemporaneo, il viaggio è “un’indagine per arrivare a conoscere tutto: la vita, il mondo, sé stess(i).”
Kapucinski, nei suoi reportage dal mondo, non ci dà fatti, che per quelli ci sono tante biblioteche, dice. Quello che lo interessa, come interessa Erodoto, sono le storie: narrarle, dice il polacco, è “la capacità che ci rende uomini e ci distingue dagli animali. […] Condividere storie e leggende rafforza il senso di comunità, unica condizione nella quale l’uomo può vivere. […] Questa fu una delle fonti alle quali attinse il nostro greco. La seconda fu ciò che vedeva. La terza ciò che pensava.
Anche Kapuscinski narra come Erodoto.
Della Cina ci racconta della Grande Muraglia, ce la descrive per poi concludere, “Calcolando quindi che i Cinesi abbiano costruito mura per centinaia e migliaia di anni […]otterremo centinaia di milioni di ore dedicate alla costruzione di mura, ore che in un paese povero come questo avrebbero potuto essere dedicate all’apprendimento della lettura o di un mestiere […]
E invece l’energia del mondo va a finire nelle muraglie.”
La curiosità del narratore si avverte fino dalle prime pagine, quando, giovanissimo reporter, avverte il fascino, il mistero della frontiera.
“Talvolta , ma di rado, le piste mi conducevano in villaggi di frontiera. Via via che ci si avvicinava al confine, la terra si faceva deserta e la gente sempre più rara. Un vuoto che aumentava il mistero dei quei paraggi e grazie al quale mi resi conto che nelle zone di frontiera regnava il silenzio. Un mistero e un silenzio dal quale ero attratto e intrigato. Ero sempre tentato di scoprire che cosa ci fosse di là, dall’altra parte .”
Uno dei suoi primi viaggi “dall’altra parte” lo conduce a Roma.
Avvicinandosi alla città eterna, la vista delle luci lo incanta.
“Sotto di me, il vasto spazio notturno nel quale stavamo volando rigurgitava di luci. Una luce intensa, abbagliante, scintillante, vibrante. Sembrava che lì sotto ardesse una materia liquida la cui superficie lucente pulsasse di chiarore, si sollevasse e ricadesse, si dilatasse e si restringesse, tanto quel quadro luminoso era vibrante, mobile, carico d’energia.”
Per contrasto Kapuscinski pensa che “era la prima volta che vedevo una città illuminata. Tutte le città o cittadine visitate fino ad allora erano orribilmente buie.”
Vi piace questa descrizione così visiva? E ce ne sono tante altre in questo testo.
“Ci sono troppi inserti dalle “Storie,” hanno detto alcune voci critiche.
Ma le storie narrate da Erodoto, (quelle di Creso, Cambise, gli Sciti e tante altre) e le sue riflessioni suggeriscono al polacco analoghe riflessioni sul mondo attuale.
Una, come esempio.
Erodoto era consapevole che non stava riportando la verità oggettiva, ma una verità narrata, riferita, “quindi vista attraverso il prisma personale e arbitrario di chi la riferisce.”
Usa spesso frasi del tipo , “ A quanto dicono”, “Ignoro se ciò sia vero”
Kapuscinski concorda, “E’ una contraddizione ineliminabile, per quanto proviamo a minimizzarla o attenuarla, avremo sempre a che fare con la soggettività e con la sua azione deformante.”
Quel “noi” accomuna nella stessa problematica lo storico antico e il giornalista contemporaneo.
Mi fermo qui. Non posso, e non voglio, raccontarvi di più.
Ma ditemi, vi ho convinto che quel polacco é qualcosa di più di un grande giornalista?
Buona lettura
Sentito mai parlare di Kapuscinski?
Pensavate che fosse la parola con cui i Polacchi ordinano un cappuccino al bar?
(La battuta non è mia ma di un giornalista americano che comincia così il suo articolo sul grande collega polacco.)
Kapuscinki è un grande giornalista e non solo. Ci apre nuovi modi di vedere il mondo.
La sua storia: frequenta l’Università di Varsavia e, nell’ambito della storia greca antica, sente nominare le “Storie” di Erodoto, che però diventeranno disponibili in Polonia solo nel 1955, dopo la morte di Stalin.
Il caporedattore del giornale in cui lavora gliele regala, finalmente tradotte, poco prima della sua partenza per il primo reportage all’estero.
Da quel momento Kapuscinski ed Erodoto fanno amicizia e il greco segue l’amico ovunque vada: gli sarà maestro di vita e compagno di viaggio , una illuminante, piacevole presenza durante le soste e i momenti di quiete.
Al giornalista moderno interessa lo storico antico ma anche l’essere umano che fu Erodoto, del quale non ci sono arrivate notizie.
Di lui Kapuscinski si chiede, “Che tipo di bambino è, il piccolo Erodoto? Sorride a tutti e dà volentieri la manina, oppure fa il ritroso nascondendosi tra le gonne della mamma. […] E a scuola? Accanto a chi sta di banco? E’ stato messo in punizione vicino all’ultimo della classe?”
Il greco affascina il polacco. Ma perché? Cosa li accomuna?
Entrambi vogliono varcare le frontiere dello spazio e del tempo, “Perché,” dice Erodoto, “ le imprese degli uomini non siano dimenticate.”
E aggiunge Kapuscinski, “tutti gli uomini di quel mondo sono ossessionati dalla stessa paura. […] Ma la memoria è inafferrabile e traditrice: non ricordiamo più e dietro a questo non ricordare si spalanca la zona dell’ignoranza, ossia della non esistenza.”
Erodoto viaggia per “indagare” sul passato, il primo giornalista di inchiesta apparso sulla scena del mondo, dichiara Kapuscinski,
.Anche il polacco si sposta nel mondo, trascinato dalla stessa passione che animava l’antico storico e ci spiega che “un viaggio non inizia nel momento in cui raggiungiamo la meta . In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrere dentro anche dopo che ci siamo fermati.”
Avete mai pensato a un viaggio in questo modo? E’ chiaro perché Kapuscinski non è solo un giornalista ma tanto di più?
Lui vuole vedere, capire e ricordare .
Quel “nastro dei ricordi ” continuerà a scorrere dentro di lui perché la cultura degli altri lo aiuterà a meglio comprenderà meglio la sua. E vedere l “altro” gli farà capire meglio sé stesso.
Per entrambi, l’uomo di duemila e più anni fa e il nostro contemporaneo, il viaggio è “un’indagine per arrivare a conoscere tutto: la vita, il mondo, sé stess(i).”
Kapucinski, nei suoi reportage dal mondo, non ci dà fatti, che per quelli ci sono tante biblioteche, dice. Quello che lo interessa, come interessa Erodoto, sono le storie: narrarle, dice il polacco, è “la capacità che ci rende uomini e ci distingue dagli animali. […] Condividere storie e leggende rafforza il senso di comunità, unica condizione nella quale l’uomo può vivere. […] Questa fu una delle fonti alle quali attinse il nostro greco. La seconda fu ciò che vedeva. La terza ciò che pensava.
Anche Kapuscinski narra come Erodoto.
Della Cina ci racconta della Grande Muraglia, ce la descrive per poi concludere, “Calcolando quindi che i Cinesi abbiano costruito mura per centinaia e migliaia di anni […]otterremo centinaia di milioni di ore dedicate alla costruzione di mura, ore che in un paese povero come questo avrebbero potuto essere dedicate all’apprendimento della lettura o di un mestiere […]
E invece l’energia del mondo va a finire nelle muraglie.”
La curiosità del narratore si avverte fino dalle prime pagine, quando, giovanissimo reporter, avverte il fascino, il mistero della frontiera.
“Talvolta , ma di rado, le piste mi conducevano in villaggi di frontiera. Via via che ci si avvicinava al confine, la terra si faceva deserta e la gente sempre più rara. Un vuoto che aumentava il mistero dei quei paraggi e grazie al quale mi resi conto che nelle zone di frontiera regnava il silenzio. Un mistero e un silenzio dal quale ero attratto e intrigato. Ero sempre tentato di scoprire che cosa ci fosse di là, dall’altra parte .”
Uno dei suoi primi viaggi “dall’altra parte” lo conduce a Roma.
Avvicinandosi alla città eterna, la vista delle luci lo incanta.
“Sotto di me, il vasto spazio notturno nel quale stavamo volando rigurgitava di luci. Una luce intensa, abbagliante, scintillante, vibrante. Sembrava che lì sotto ardesse una materia liquida la cui superficie lucente pulsasse di chiarore, si sollevasse e ricadesse, si dilatasse e si restringesse, tanto quel quadro luminoso era vibrante, mobile, carico d’energia.”
Per contrasto Kapuscinski pensa che “era la prima volta che vedevo una città illuminata. Tutte le città o cittadine visitate fino ad allora erano orribilmente buie.”
Vi piace questa descrizione così visiva? E ce ne sono tante altre in questo testo.
“Ci sono troppi inserti dalle “Storie,” hanno detto alcune voci critiche.
Ma le storie narrate da Erodoto, (quelle di Creso, Cambise, gli Sciti e tante altre) e le sue riflessioni suggeriscono al polacco analoghe riflessioni sul mondo attuale.
Una, come esempio.
Erodoto era consapevole che non stava riportando la verità oggettiva, ma una verità narrata, riferita, “quindi vista attraverso il prisma personale e arbitrario di chi la riferisce.”
Usa spesso frasi del tipo , “ A quanto dicono”, “Ignoro se ciò sia vero”
Kapuscinski concorda, “E’ una contraddizione ineliminabile, per quanto proviamo a minimizzarla o attenuarla, avremo sempre a che fare con la soggettività e con la sua azione deformante.”
Quel “noi” accomuna nella stessa problematica lo storico antico e il giornalista contemporaneo.
Mi fermo qui. Non posso, e non voglio, raccontarvi di più.
Ma ditemi, vi ho convinto che quel polacco é qualcosa di più di un grande giornalista?
Buona lettura
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