Fantastiche avventure
Il viaggio è alla base della struttura della letteratura fantastica. Lo diceva Propp nei suoi studi antropologici sulle fiabe russe e in seguito l’idea fu ripresa e approfondita da Campbell nel suo viaggio dell’eroe.
Ma la letteratura fantastica ha compiuto un iper-viaggio tutto suo attraverso la settima arte e ha subito un’impennata proprio negli ultimi decenni. Questo perché i mondi fantastici e l’alta spettacolarità contenuta nelle trovate contenute in certe pagine, mentre richiedono solamente tanta fantasia, carta e penna per essere inventati, al cinema obbligano la produzione a fornire budget molto elevati che vadano a coprire le spese di effetti digitali computerizzati, set mastodontici e scene complesse, oltre che una tecnologia sempre più avanzata.
Ad esempio, il Signore degli Anelli vanta tentativi di adattamento celebri del calibro dei Beatles e di Kubrick. Nel 1978 ce ne fu un altro con tecnica mista animazione tradizionale e riprese dal vivo, che, con enormi difficoltà di realizzazione e di budget, fu portato a termine solo in parte, e soltanto due anni dopo definitivamente conclusosi, esclusivamente in animazione.
È stato Peter Jackson, che, creando appositamente per il progetto la sua casa di produzione di effetti digitali Weta Digital, è riuscito a portare sugli schermi l’intera trilogia e a farlo con un ottimo successo sia di pubblico che di critica, oltre che di Oscar.
Il viaggio di un’altra creatura letteraria, più attuale e di sconfinato successo, è stato molto meno periglioso e ha fatto felici praticamente tutti, dall’autrice che ora vive in un lussuoso castello a Edimburgo, ai finanziatori della Warner Bros che, grazie agli introiti della saga più longeva della storia (e più reddititizia), si sono trovati costretti a dividere il libro conclusivo (il settimo, I Doni della Morte) in due pellicole, una nelle sale il 19 novembre 2010 e l’altra il 15 luglio 2011.
Il primo film di Harry Potter, la Pietra Filosofale, arriva sugli schermi nel 2001 e diventa immediatamente un fenomeno cinematografico, complice il successo letterario che era già arrivato anche in Italia con la pubblicazione del quarto libro. Dal 2001, a cadenza praticamente annuale, sugli schermi arriva il maghetto e il suo iper magico mondo, il quale si porta dietro uno scintillante codazzo di merchandising e product placament che ben si sposa con la società consumistica dei maghi, specchio di quella di noi babbani reali.
Il successo della saga, sia letterario che cinematografico, ha spalancato le porte a tutta una serie di mega produzioni di svariati livelli qualitativi – generalmente verso il basso – trasformando il cinema in una vera e propria protesi esclusiva di un romanzo fantastico. Ormai non si riesce quasi più a leggere un libro, lo si deve vedere. L’evoluzione del linguaggio nella narrativa di genere è sfociata in una fusione tra le due arti che ormai rende i libri più simili a sceneggiature che non a opere letterarie.
Il viaggio della cinematografia fantastica è sempre più un fiume multicolore e sfaccettato costantemente in piena, che è finito per giungere a una foce a delta dove la diramazione e le prospettive non solo ne sottolineano le infinite possibilità immaginifiche, ma anche la molteplicità di origini, spunti e obiettivi di cui si compone.
Ma la letteratura fantastica ha compiuto un iper-viaggio tutto suo attraverso la settima arte e ha subito un’impennata proprio negli ultimi decenni. Questo perché i mondi fantastici e l’alta spettacolarità contenuta nelle trovate contenute in certe pagine, mentre richiedono solamente tanta fantasia, carta e penna per essere inventati, al cinema obbligano la produzione a fornire budget molto elevati che vadano a coprire le spese di effetti digitali computerizzati, set mastodontici e scene complesse, oltre che una tecnologia sempre più avanzata.
Ad esempio, il Signore degli Anelli vanta tentativi di adattamento celebri del calibro dei Beatles e di Kubrick. Nel 1978 ce ne fu un altro con tecnica mista animazione tradizionale e riprese dal vivo, che, con enormi difficoltà di realizzazione e di budget, fu portato a termine solo in parte, e soltanto due anni dopo definitivamente conclusosi, esclusivamente in animazione.
È stato Peter Jackson, che, creando appositamente per il progetto la sua casa di produzione di effetti digitali Weta Digital, è riuscito a portare sugli schermi l’intera trilogia e a farlo con un ottimo successo sia di pubblico che di critica, oltre che di Oscar.
Il viaggio di un’altra creatura letteraria, più attuale e di sconfinato successo, è stato molto meno periglioso e ha fatto felici praticamente tutti, dall’autrice che ora vive in un lussuoso castello a Edimburgo, ai finanziatori della Warner Bros che, grazie agli introiti della saga più longeva della storia (e più reddititizia), si sono trovati costretti a dividere il libro conclusivo (il settimo, I Doni della Morte) in due pellicole, una nelle sale il 19 novembre 2010 e l’altra il 15 luglio 2011.
Il primo film di Harry Potter, la Pietra Filosofale, arriva sugli schermi nel 2001 e diventa immediatamente un fenomeno cinematografico, complice il successo letterario che era già arrivato anche in Italia con la pubblicazione del quarto libro. Dal 2001, a cadenza praticamente annuale, sugli schermi arriva il maghetto e il suo iper magico mondo, il quale si porta dietro uno scintillante codazzo di merchandising e product placament che ben si sposa con la società consumistica dei maghi, specchio di quella di noi babbani reali.
Il successo della saga, sia letterario che cinematografico, ha spalancato le porte a tutta una serie di mega produzioni di svariati livelli qualitativi – generalmente verso il basso – trasformando il cinema in una vera e propria protesi esclusiva di un romanzo fantastico. Ormai non si riesce quasi più a leggere un libro, lo si deve vedere. L’evoluzione del linguaggio nella narrativa di genere è sfociata in una fusione tra le due arti che ormai rende i libri più simili a sceneggiature che non a opere letterarie.
Il viaggio della cinematografia fantastica è sempre più un fiume multicolore e sfaccettato costantemente in piena, che è finito per giungere a una foce a delta dove la diramazione e le prospettive non solo ne sottolineano le infinite possibilità immaginifiche, ma anche la molteplicità di origini, spunti e obiettivi di cui si compone.
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