lunedì 26 luglio 2010

Fari sui diritti

di Mattia Baglieri

Libertà nella scienza: si può essere radicali?

Mia sorella appoggia sulla mia scrivania una lunga serie di titoli che deve leggere per le vacanze: la nostra libreria è condivisa e al “me bibliotecario” spetta di arrampicarsi a ricercare i tomi filosofici di cui dovrà occuparsi l’amata sister nel silenzio della sua stanza st’estate.
Ne ho molti: ho Freud, ho Nietzsche, ho Golding, ho Pirandello, ho Joyce. Mi manca Feyerabend… A lei non serve più, può benissimo supplire con gli altri paladini della filosofia e delle scienze umane nella sua creazione di sommatorie numeriche di cui andar fiera davanti ai prof delle superiori. Ma io voglio scoprire chi è colui di cui non ho letto e non possiedo alcunché: Paul Feyerabend è un filosofo ed epistemologo austriaco, ha combattuto giovanissimo nella seconda guerra mondiale – e dalla parte sbagliata. Si ferisce gravemente e s’appassiona alla filosofia ed alla scienza: seguirà le lezioni di Wittgenstein e di Popper, due dei più importanti filosofi del Novecento. Con Popper litiga di brutto, alla celeberrima London School of Economics: Feyerabend giunge addirittura a criticare in parte il falsificazionismo del maestro, in base al quale ogni proposizione è scientifica se e solo se essa è falsificabile. Feyerabend scrive due opere fondamentali: Contro il metodo e La scienza in una società libera, in cui se la prende con toni pungenti con i molti epigoni del pensiero metodologico di cartesiana memoria in base al quale la verità è un assunto asintoticamente irraggiungibile ma al quale ci si può avvicinare con ordine. Feyerabend richiede in sostanza più libertà nella scienza: riporta l’esempio di Galileo, affermando che se egli si fosse fidato e affidato alle teorie sul moto relativo o sull’ottica d’età aristotelica la ricerca scientifica non avrebbe mai subito progressioni. Il professor Feyerabend esige un maggior pluralismo scientifico come necessità insieme e prodotto d’una società libera: un doppio binario, in sostanza: il pluralismo scientifico produce libertà in andata e, in ritorno, esso dalla libertà stessa è prodotto. Un circolo virtuoso o vizioso, quello di Feyerabend? Certamente egli è stato molto attaccato per i suoi studi critici nei confronti di decenni di metodo filosofico e scientifico, al tempo stesso, però, in scienza si può essere radicali e vagliare novità e nuove istanze. Il rischio è quello messo in luce da Hans Kelsen, altro filosofo del Novecento: che cioè chiunque possa dire tutto e il contrario di tutto, sostenendo altresì posizioni antistoriche. La soluzione che egli propone è il proporzionalismo: una fotografia corretta delle opinioni al fine di rappresentarle tutte, senza la pretesa dell’unanimità ma soltanto quella dell’arte del compromesso virtuoso. In questo modo, dice Kelsen, le opinioni imbarazzanti, eretiche, contrarie alla storia, verranno confutate da quelle su cui v’è convergenza maggiore ed al contempo avranno la responsabilità di essere state rappresentate pur nella loro “ectopicità”.
Naturalmente ho sintetizzato alquanto, ma Kelsen e Feyerabend vanno ripresi in mano e semmai fatti ipoteticamente dialogare tra loro. A questi accompagniamo una buona rassegna di studi sulla complessità contenuti nel bel libro di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti “La sfida della complessità”, ristampato di recente per Bruno Mondadori. Forse in scienza è il caso di essere radicali: scienza libera in una società libera è un messaggio in sé positivo.

1 commento:

Strada senzanome 123 ha detto...

M***a se scrivi in modo pesante, mai pensato ad un passatempo alternativo?

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