di Marghrita Matera
RidondArte
Ridondante. Mi fa venire alla mente tantissime immagini. Prima su tutte il din don dan delle campane, ma oggi non scriverò delle campane, altrimenti poi mi toccherebbe discutere del tempo…e, no, oggi no. Avrei talmente tante cose da scrivere che risulterei io stessa ridondante, così come potrei esserlo lasciando in bianco la mia rubrica. Tutto sommato l’eccesso mi piace.
La mia architettura è ridondante e, per “mia”, intendo quella nella quale mi imbatto quando penso a delle immagini, quella che non mi lascia in pace e mi fa “vedere”, con gli occhi delle idee, luoghi forse nemmeno mai visti, sovrabbondanti di informazioni raccolte a caso nei cassetti della memoria. Probabilmente è la memoria stessa ad essere ridondante, perché assorbe qualsiasi cosa, qualsiasi colore o forma. Così, negli animi che ricercano, il risultato è tagliare e assemblare pezzi. Dalla ridondanza emozionale nasce il vomitare idee che, a primo acchito, sembrerebbero quasi confuse, disordinate, troppe…come un quadro Arlecchino di Mirò o un Possibile Pollock. Come un negozio di micro oggettistica inutile giapponese. Come ridondante è uno dei miei tanti pois, condivisi con l’artista Yayoi Kusama. Il pizzo di alcuni vestiti delle facciate del barocco leccese. Ridondante è un mercato palermitano. Qualche telefonata. D’altra parte l’eccesso non fa altro che alimentare se stesso….e si alimenta…si alimenta….l’eccesso dell’eccesso…ed ecco la ridondanza. Mai troppa. Mai abbastanza…..perchè io la ridondanza la trovo creativa, già ricca, ma pur sempre ancora povera. Non superflua. Semplicemente ridondante.
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