sabato 24 aprile 2010

Di mamma (non) ce n'è una sola

di Anna Grazia Giannuzzi

Aiutateci a realizzare il suo sogno!
Devo scrivere il pezzo per la mia rubrica. Rinascita è il tema del mese. - Ma bene - penso – mi sembra perfetto. Adozione e rinascita. Potrebbe venirne fuori qualcosa di buono. Siccome sono sempre in cerca di ispirazioni, o istigazioni potrebbe dire qualcuno, digito sul motore di ricerca le parole adozione e rinascita, spingo enter e do un’occhiata ai risultati: i primi tre riguardano canili, il quarto dice testualmente: “Solo l’adozione può farla rinascere. Aiutateci a realizzare il suo sogno!” Solo il quinto si riferisce all’adozione di bambini.
Devo dire che da un poco di tempo ho smesso anche di arrabbiarmi. Ho preferito respirare profondamente e lasciarmi intrigare dall’idea che anche i cani possano sognare. In fondo perché no? Poi all’improvviso mi è tornato in mente un giornalista, tanto arguto quanto belloccio, che chiese al Presidente della mia Associazione (Agap) che cosa poi ci spingesse ad adottare i figli degli altri. Pure andando all’estero. Ci sono tante coppie che vogliono bene al loro cane come ad un figlio.
Questo mi ha fatto riflettere: l’adozione non è solamente una questione tra genitori e figli, è una questione di cultura della famiglia.
Un'adozione poggia, ovviamente, su basi diverse rispetto alla scelta di un cane. Ciò che, infatti, viene sempre e preliminarmente spiegato alle coppie che decidono di diventare genitori con l’adozione è che la normativa, italiana e internazionale, è finalizzata all’esclusivo obiettivo di dare al minore una famiglia. Come dire: i genitori vengono dopo.
Non è il figlio che deve essere giusto per loro. Spetta agli adulti dimostrare la capacità di essere genitori per quel determinato bambino o bambina.
Durante l’intero percorso di formazione, la coppia deve acquisire competenze che la rendano in grado di comprendere ed accettare la situazione di figlio adottivo e di desiderare la felicità di un bambino, che non ha mai scoperto l’amore dei genitori, oppure l’ha improvvisamente e brutalmente perso. E c’è di peggio: un figlio che ha sperimentato sulla propria pelle quanta sopraffazione e quanta violenza si può giustificare con il ruolo di genitore. La posta in gioco è la rinascita e la felicità di una famiglia legata da rapporti consapevoli, reali e profondamente sentiti.
Abbinata all’adozione, l’idea di rinascita si riveste di un significato ancora più particolare, perché può presentarsi il problema del “figlio mai nato”. Il bambino adottato non va e non può andare a coprire il posto preparato/immaginato per un’altra persona. Che non è mai esistita davvero, eppure ha lasciato un segno profondo, come se fosse davvero morta. L’elaborazione di questo lutto è fondamentale perché i genitori possano essere pronti ad avanzare nel progetto adottivo. Non è giusto, né utile far “competere” il figlio avuto con l’adozione con quello che non si è potuto generare. Quest’ultimo è, e sarà sempre, soltanto un fantasma, un sogno, una proiezione del genitore, dei suoi bisogni, delle sue paure, della necessità di compensazione e non si sa che altro. Quel figlio più che un sogno è un nodo da risolvere. Invece, il figlio che arriva con l’adozione è vero, interagisce, è una persona da scoprire, che, ti contraddice e ti mette in discussione. Non gliene importa del tuo dolore, ma lo sa che se ti trovi lì è perché anche a te le cose non sono andate proprio lisce. Vuole capire se davvero sei disposto a fare sul serio, quanto sei disposto ad accettarlo davvero. E dopo una prima diffidenza si lascia amare con trasporto e non vede l’ora di poter amare, ricambiato. Merita di essere amato per quello che è.

Insomma, con un po’ di fortuna al canile ci vanno i genitori.

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