domenica 7 febbraio 2010

Teatime

di Maria Luisa Pozzi
Quota Albania di Mario Rigoni Stern
Nel 1940, a diciannove anni, Mario Rigoni Stern è caporale degli Alpini e partecipa alle campagne di Francia e di Grecia. Incontra subito dei feriti, “Una file di barelle ci viene incontro. (..) Uno di loro è cereo, quasi trasparente; da sotto quella pelle tirata sembra che tutto il sangue sia uscito dalle vene. Con la mano gli faccio un cenno di saluto e di augurio, ma il secondo portaferiti, stravolta dalla fatica, mi sussurra, “Il est mort. (…) la breve risposta in quel patois mi turba quanto quel corpo che non credevo senza vita. E fu il primo di tanti e tanti altri che vidi fino al 1945.”
Dopo la campagna di Francia arriva la partenza perla Grecia. <\Per molti Alpini la vista del mare è una novità, non per tutti piacevole, “Nessuno di noi scese sotto coperta: solamente i conducenti per tenere calmi i muli; tutti volevano stare sopra, vicino, possibilmente alle lance di salvataggio.” Il porto d’arrivo ha i fondali bassi e i poveri Alpini prima debbono scendere per una scala a pioli e poi per una lunga passerella di tavole.Ci confida l’autore che “Alla fine del traballare sentimmo con grande piacere il terreno sotto i chiodi degli scarponi, “ poi vedendo una nave italiana semi affondata ci affida un suo pensiero, “pensai fortemente che avrei fatto ritorno in Italia, a piedi, un passo dopo l’altro lungo le coste dell’Adriatico, sino a casa.”
Il giovane caporale affronta un mondo sconosciuto in cui tutto è sconosciuto, e niente ha un nome: “la strade (è) fangosa (e) costeggio un fiume rumoroso. (…) le montagne (sono) sconosciute. (…) Tutto è buio e ignoto.”
Il maltempo insegue gli sfortunati Alpini, “ Tra la bufera vediamo delle cose scure; quasi ci cadiamo addosso. Sono corpi irrigiditi, levigati dal vento e dalla neve come sabbia, gli occhi aperti, brinai dal ghiaccio. Uno ha il braccio alzato come volesse ancora chiamare qualcuno o salutare, la mano gli è rimasta aperta. Tento di abbassare quel braccio lungo il corpo pietrificato affiorante dalla neve, ma lo sento rigido e fragile come una canna vuota, e temo che mi si rompa fra le dita: questi sono gli Alpini del Vestone.”
Il giovane caporale, abile sciatore e conoscitore della montagna, fa il portaordini fra i vari reparti in zona perché, ci racconta, “le radio come sempre , non funzionano, e il materiale telefonico sarà ancora in Italia, in qualche magazzino con i topi.”
Il caporale Rigoni ha le idee ben chiare sull’organizzazione dei servizi dell’Impero Italiano e ce li presente sempre inefficienti: la propaganda fascista è ben diversa dalla realtà vissuta da chi si trova in guerra. Irride un manipolo di fascisti mandati in loro aiuto, “Questi spazzacamini provenivano dalla bassa novarese e le montagne le avranno viste andando in gita con il dopolavoro, o quando il vento portava via la nebbia dalle risaie. (…) A guardarli, con quella montura irrazionale e ridicola, facevano pena : il fez con il fiocco nero, i fasci sul bavero, (..) gli stivaletti da sabato fascista sui marciapiedi: arrancavano nella neve con il fiato grosso e bolso.” Malgrado la presentazione che ridicolizza gli “spazzacamini” c’è, in Rigoni Stern; un tocco di simpatia per coloro che sono in difficoltà, anche fascisti. C’è pure empatia nei confronti dei nemici Greci, ”Anche loro erano magri, malridotti nelle divise, carichi di pidocchi e con le barbe lunghe e ispide. (…) Passammo la linea che loro avevano abbandonato: avevano lasciato strame brulicanti di pidocchi e miserie: come noi, del resto.”

E’ un libretto breve, 130 pagine, e dovete leggerlo, se siete nate dopo la guerra. Se avete figli adolescenti, fateglielo leggere. Dobbiamo sapere dove un governo dittatoriale ci ha mandato e cosa ci ha fatto soffrire.

Leggetelo, per non dimenticare .

Un abbraccio

Maria Luisa

1 commento:

Anonimo ha detto...
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