giovedì 21 maggio 2009

NON HO L' ETA'


LE DAME DI ANACLETO
Caffè: bevanda o anche..?
A cura di Chiara Cappellato

Ore 07.00, al Caffè Anacleto. Prima di gettarmi nella mischia isterica-automobilistica-lavorativa-domestica, mi regalo mezz’ora.
“Sacro-solitario-caricante straniamento” per brevi letture e scritture a mente fresca.
Dietro il bancone Cira sorridente e solare accenna che il mio tavolo, dove dilato carte, penne, libri, è anche il tavolo che tutti i santi giorni accoglie un nutrito gruppo di Super Over.
Alle 10.00 precise si diffonde nella sala una brezza di allegria; quella che noi donne riusciamo a moltiplicare quando siamo insieme. Presenti anche signori uomini in pensione…faticano a reggere il confronto. Questione di genetica? Le ultime teorie sulle differenze di genere si applicano a ogni età e contesto. Ciascun sesso le sue prerogative. No?
Lasciarmi sfuggire la ghiotta occasione? Vedere, ascoltare, parlare!
Esterrefatta e consapevole che sono prerogative della gens veneta, in particolar misura nel padovano, il campanilismo, la chiusura, conformismo e diffidenza.
Stentavo a credere che a 80 e più primavere dieci o dodici dame possano riunirsi al “bar” (sostantivo maschile evocatore di patriarcali concetti vedi “osteria, fumo, carte, vino”) per il piacere di un ritrovo tra Amiche.
Con l’A maiuscola. Confidenze, consigli, attenzioni l’una per l’altra, mescolate assieme al cucchiaino nella tazzina. Un aromatico sorso a rinsaldare un legame di affetto che abbraccia una vita di normalità, gioie e dispiaceri e che non è relegato alle mura domestiche.
Affascinante non trovate?
Una rarità da queste parti.
Mia nonna Marcella, che ne conta 90, mai si sarebbe andata di mattina “al bar” sola o con un’amica. Per un Caffè! A casa, piuttosto. Servito nella tazzina buona racchiusa nella credenza, con il centrino cucito sul vassoio e la zuccheriera. (Accreditabile anche avarizia, nota qualità veneta).
Educazione ricevuta e trasmessa alle figlie: donna-mattina-bar-caffè=perditempo=poco serie.
Peccato. Paralizzate in un labirinto mentale che renderebbe un incontro di pochi minuti QUEL QUALCOSA IN PIU’che la Vita silenziosamente invita a cogliere.
Un euro nella Golden Age il prezzo di attimi sereni, le “piccole cose” che la frenesia sottrae e accelera lo scorrere del tempo.
Organizzo dunque la mia puntatina per le 10.15. Strette attorno al mio tavolo.
Tazzine fumanti e un brioso confabulare. Puntualissime, terminata la S. Messa, il coffee-break! No brioche. Only coffee. Macchiato, accompagnato con abbondante zucchero bianco (horror…) e un “Mi raccomando beo caldo e bon” ovvero “Mi raccomando bollente e buono”.
Fantastiche. Dovreste vederle! Energia-compostezza-saggezza.
Prendete la vostra Nonna, quella della torta fatta in casa/sveglia con il sole per riassettare/ pentola sui fornelli e unitela ad altre dieci. Otterrete un qualcosa che si espande e le fa sbocciare.
Tenui fiori ottantenni, belli con le rughe e le mani rovinate da anni d’intenso lavoro, chi in casa, chi nei campi, chi a cucire. Curate dal capello all’unghia, al foulard dal tono caldo abbinato alla maglia, alla borsa carina. Non le matrone di città, ma le autentiche Nostre Nonne, che insegnano sobrietà nel presentarsi sempre in ordine e coltivano volontà per essere femminili tra buon gusto e semplicità.
Non pensate che si meritino questo? Che sia dovuto?
Teresa, travolgente donnone biondo raccoglie le monete.
Le investo con domande, vorrei stare con loro e abbracciarle tutte.
Mi sento un po’scrutata, comprensibile, cosa sanno di me?
I signori uomini osservano, forse pensano che avrò qualcosa da vendere.
Clara con il cellulare e la nuova 600 la domenica balla il liscio. Maria, timida e disponibile, racconta le prove della vita e il lavoro in osteria. Anna, magliaia, Assunta sarta, Silvana di lavori ne conta su due mani e Rosa, sarta, ascolta. Ognuna la sua espressività e individualità rispettata dalle altre. Quasi tutte vedove ormai, i consorti approvano e stimolano il riunirsi quotidiano.
Oggi: pizze serali, visite alla Basilica del Santo, candela e sguardo a vetrine, usano la bicicletta come mezzo di locomozione anche sfidando le intemperie.
Ieri: nessun momento di aggregazione alla casalinga veneta. Eccezioni il bucato, il mercato per vendere uova, lesinate danze domenicali che il parroco non avrebbe assolto.
Ma torniamo al nostro Caffè: proprio loro che oggi lo gustano “caldo e buono” da ragazze neanche lo sognavano. In campagna: un surrogato a base di vinaccioli e frumento tostati, cicoria o ancora fondi bruciati della polenta. Chi possedeva qualche chicco riempiva una pentola appesa sulla carbonella, tostandolo a lungo. Il risultato passava nel mitico macinino manuale.
Mia nonna era fortunata poiché la madre barattava al bar del paese un litro di latte dell’ossuta vacca con i fondi avanzati il giorno prima. Bolliti e ribolliti (moka?) costituivano il sostegno della colazione per arrivare fino a cena.
Caffè: magico, scuro, frutto della natura: sferzata di energia, piacere dei sensi, aroma, profumo, elevato in tazzine dal design per occhi sofisticati, simbolo di pausa relax solitaria o in compagnia, beneficio alla memoria.
Che dite ragazze, sproniamo le nostre mamme, nonne, ziette a uscire?
Accompagniamole.
Da poco, sto provando con la mia.
Voi che farete?
Dalle vostre parti è così difficile andare contro assurdi preconcetti, retaggi culturali duri a morire?

N.B.:
Ricordiamo le madri, bimbe, vecchie che nei paesi tropicali curano i chicchi per noi.
Mani nude, sfruttate, umiliate. Entriamo in un negozio equosolidale per un acquisto alternativo.
Dono a sorelle lontane.
Forza! Dite che pensate!

4 commenti:

Scarlett ha detto...

Mia madre, veneta di nascita e trapiantata in Piemonte causa alluvione del Polesine. A diciotto anni si trasferisce per lavoro a Pavia, città universitaria, la New York degli anni '60 della Lombardia. Cantava Morandi "In ginocchio da te", il suo idolo. Caffè e capuccini, e cioccolata, dopo la messa della domenica. A trent'anni sposa mio madre, che la rapisce della frizzante ed eclettica Pavia per portarla in questo paesino bigotto dove abitano tutt'ora. Casaliggio. Il paese che sembra avere il nome di un formaggio, dice una mia amica milanese ( taleggio?)
E qui mia madre trova la morte dell'allegria e della spensieratezza, la tomba dell'aggregazione. Paese piccolo, la gente mormora. Dietro tendine di pizzo fatto a mano, mani rovinate dalla raccolta dei pomodori sotto il sole d'agosto scostano e scrutano per giudicare e riferire.
Mia madre arriva con un tailler a mezza coscia verde pisello e un berretto sulle ventitrè, sobbilla estasiate e disorientate coetanee e le inizia al sacro rito della cioccolata calda in inverno, o dell'aperito in estate, al bar del paese, dopo la messa della domenica.
Ed è subito scandalo.
Ma per tutti qui, si è conquistata il posto dovuto agli innovatori e ai portatori sani di allegria e buone abitudini sociali.
Per tutti lei è la signora Mela, quel titolo quasi nobiliare che si affianca al cognome del marito in segno in di rispetto.
E l'abitudine al caffè e alla cioccolata è rimasta anche ora, che le signore del paese sono anziane come lei. Con una piccola novità: il caffè alle dieci del mattino, si, ma sono loro a passare da mia mamma a suonare il campanello e a chiedere : "Anna, vieni a bere un caffè con noi?"

Cappe ha detto...

Che fantastico insegnamento ti deve avere,anche nei panni di mamma,la Signora Mela? Hai descritto dolcememente la storia di una donna, come tante, come vorrei essere io. (Sapete mi sto impegnando a farlo e ci si riesce a poco a poco!).
Chissà, cara Scarlett, che altre amiche del Blog e anche Patrizia che i sembra il tipo, abbiano da raccontarci storie di donne così, determinate ad Essere, sempre e comunque e soprattutto con l'avanzare dell'età. Fai leggere il tuo post alla Sig.ra Mela (se lo merita) e salutala tanto da parte mia! Ci ha caricate.
Abbracci a entrambe.
Cappe

KatiaC ha detto...

Cappe tu sei una vera risorsa da scoprire :-)

Cappe ha detto...

Grazie katia - so quanto sei super stra mega incasinata/impegnata -, ma raccontaci qualcosa anche tu in merito a coffee-bar-old mother-!!!!Conoscendo il tuo spirito di osservazione, e non solo quello, penso che avresti di che sparare.
Dai! Un contributo!
Bacioni...
Cappe

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