giovedì 14 maggio 2009

DOMINO CAFFE'


D'asini e di pecore
a cura di Scarlett

Un pastore si era trovato nel problema del tenere radunato il suo gregge ma, nonostante la presenza dei cani che svolgevano il loro lavoro in modo encomiabile, puntualmente una o due pecore riuscivano ad allontanarsi e a perdersi lontano dal pascolo.
Fino al giorno in cui il pastore acquistò un asino su cui caricare le imbragature per infilarvi gli agnelli appena nati.
Da quel momento cessò il problema delle pecore disperse. Il pastore notò che le bestiole sollevavano il muso sopra le groppe delle sorelle per vedere la posizione dell'asino, che era l'animale più alto, e in questo modo riuscivano a orientarsi anche se si allontanavano dal gregge.
Un espediente che risolse la questione.
Leggendo questo aneddoto su una rivista di natura mi risolsi a formulare un teorema: per tenere unito un gregge di pecore serve un asino.
Il mio pensiero successivo fu che metaforicamente la pecora è considerata una bestia dall'intelligenza limitata, l'asino una bestia che non impara e non insegna alcunchè. Tutto l'aiuto dato dai cani da pastore, animali intelligenti, si era rivelato insufficiente.
Mi è capitato durante gli ultimi anni di associare questo teorema alla moderna editoria, inflazionata a dismisura da pubblicazioni spazzatura che affollano le vetrine delle librerie al punto da offuscare la buona letteratura. La maggioranza dei lettori si è trasformata in un gregge di miti pecore, pronte ad acquistare tutto quello che viene sfornato di cartaceo (più di 150 pubblicazioni al giorno solo in Italia), orientandosi su un qualsiasi asino, ossia il gossip del momento. Da qui le migliaia di volumi a basso prezzo sulle barzellette dei calciatori o sul diario segreto delle veline, che riescono a vendere cifre superiori ai premi Strega o Campiello.
L'educazione alla buona lettura, che a me è stata insegnata alle scuole elementari, sembra passata di moda. Se a volte mi capita di citare un passaggio da le mie prigioni vengo guardata con un certo sospetto. Se mi dilungo ad approfondirne il periodo storico, scorgo quasi un senso di panico nello sguardo del mio interlocutore. Di Silvio Pellico, chissà perchè, ci si ricorda solo del Ponte dei Sospiri. Il resto è silenzio.
Senza nulla togliere ai dieci minuti di evasione che ci possiamo concedere sotto l'ombrellone o in metrò con la biografia di una top model, sono più venduti i libri di “assoluto niente” piuttosto che i romanzi con un fondo di storia o di una ricerca accurata. Per non parlare della saggistica, questa sconosciuta ai più.
Mi domando dunque come una generazione nata nel benessere, con i mezzi e le possibilità di raggiungere un buon livello di gusto culturale che i nostri genitori non hanno potuto avere per mancanza di denaro, si sia trasformata in un gregge che senza un asino come riferimento tende a disperdersi. Ma anche quando vi fosse l'asino in mezzo a esso, da lui non si può pretendere altro che la sua insignificante presenza, che funge da faro più che da educatore alla letteratura superiore.
Ripristinare l'abitudine a non seguire il branco, cantare fuori dal coro, capire che siamo come acquile che ci crediamo polli, e scordiamo di avere grandi ali per volare ad alta quota.
O semplicemente iniziare a distinguere tra letteratura-spazzatura e buona letteratura abbandonando finalmente il gregge.
A costo di perderci, cercare un'alternativa a quello che i media ci propongono, bombardandoci di pubblicità mirate esclusivamente a incanalarci nel report di vendite di una manciata falchi.
Quelli che, lo sappiamo bene, stanno più in alto dell'asino.
Quelli che hanno una visione complessiva del mercato dell'editoria e sanno riconoscere i gusti della massa.
Ho avuto un buon riscontro di questo sforzo dello staccarsi dal gregge attraverso un gruppo sperimentale di lettura. Una manciata di lettori poco avvezzi ai tomi impegnativi, con constanza e partecipazione ha affrontato temi sociali importanti, ha condiviso idee, discusso opinioni, si è messa in gioco.
Non è più solo la trama leggera quella che interessa, ma anche la ricerca della base culturale dell'autore, che sia occidentale o orientale, tanto per fare un esempio.
Consiglio tutt'ora a chiunque sia appassionato di letteratura di avvicinarsi a un gruppo di lettura. Fa bene all'anima e alla mente. Ve ne sono molti in internet, dove la firma rimane anonima, ma anche attraverso le biblioteche comunali della propria zona è possibile trovare un gruppo di persone che si raduna per parlare di libri. Perchè non è bello solo scriverli, ma anche leggerli.
Magari da lupi solitari, pronti a sbranare a piccoli morsi stile, struttura, trama e profilo dei personaggi, a gustarne il sapore, a odorarne il profumo. Da preda del gossip, diventare cacciatore di buona letteratura. Un augurio che faccio a tutti coloro che amano i libri come me.

4 commenti:

KatiaC ha detto...

Il problema maggiore per molti editori è "si venderà o non si venderà?"
I libri sembrano essere diventati come le patate al mercato.
Mi consola aver letto che anche Camilleri all'inizio della sua "tardiva" carriera di scrittore ha dovuto scontrarsi con le perplessità di chi riteneva i suoi romanzi difficili da leggere.

Scarlett ha detto...

Brava Katia. Ed è ancora più scoraggiante sapere che le patate vendono comunque, mentre i libri...
Sarà perchè non sono buoni da mangiare.
Ma ho scoperto da un amico agricoltore quanto sia difficile vendere gli ortaggi: devono essere tutti dello stesso peso e della stessa dimensione. Ciò che è fuori standard viene scartato. Ma chi ha deciso che le cipolle devono avere tutte la stessa circonferenza? I clienti? Non credo.
Stessa cosa per i libri. Se non sono catalogati in un genere difficilmente si riesce a piazzarli.
Camilleri, buon per lui, è riuscito a cantare fuori dal coro, a imporre un fuori-standard,c on costanza e pazienza. Ci serve da esempio.

KatiaC ha detto...

Vero però spero di non arrivare oltre i settant'anni per avere un minimo di riconoscimento :-)

Diomira Pizzamiglio ha detto...

Interessante quel che hai scritto; molto.
Purtroppo è la terribile conferma dell'odierno modus vivendi, dove quel che conta è che tutto sia "patinato".
Se provi a uscire dal coro nessuno di ascolta.
Se provi a scrivere qualcosa di diverso nessuno la leggerà ...

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