sabato 28 marzo 2009

La Dolce Vita di Ludovica













Missoni: la storia del colore

a cura di Ludovica Falconi

“La filosofia del nostro lavoro sta nel fatto che consideriamo un capo di abbigliamento come un’ opera d’arte. I nostri prodotti non devono essere comprati per un’occasione speciale, ne perché sono di moda, ma soltanto perché uno li ama e sente che potrebbe indossarli sempre” (Rosita Missoni)

La Moda può essere analizzata sotto innumerevoli aspetti, questa è sicuramente la caratteristica più affascinante per chi la ama, la studia o la fa.
L’ abito, oltre alla sua componente materica nasce dalla sensibilità di un individuo indissolubilmente legato al suo contesto sociale, per questo può essere paragonato ad un’ opera d’arte.
Anche vivendo nell’ epoca della riproducibilità tecnica in cui tutto è ripetibile e soggetto a leggi di mercato un abito può essere inimitabile e unico proprio per l’ idea da cui è nato e per le peculiarità che si riverseranno in un nome, come quello dei Missoni.

La coppia più amata nel mondo della moda considerati dei veri signori da chiunque li abbia incontrati.
Il ’53 è la data che segna l’ inizio dell’ avventura di Ottavio Missoni, detto Tai, ex sportivo e spirito creativo dell’ azienda e di sua moglie Rosita Jelmini figlia di un industriale tessile ed instancabile ricercatrice di tessuti.
Partiti dalla Rinascente per passare nel ‘67 dalla Sala Bianca di Palazzo Pitti e arrivare nel ’69 a Bloomingdale’s ed in tutte le più importanti città del mondo con la qualità che li contraddistingue.
Hanno dato nuova vita alla maglia con soluzioni cromatiche divenute ormai un classico come il senape, il glicine, l’azzurro pastello declinati nel motivo a loro più caro: la riga che - dritta, ondulata o a zig-zag -gioca con i colori.
La riga è per i Missoni quello che era l’ asterisco per Gruau: un segno inconfondibile.
Righe ma non solo. Dalla loro conoscenza dei tessuti nascono i divertenti put- together composti da pezze di tessuti diversi uniti tra loro da punti differenti, indimenticabili anche i loro costumi di maglia e non e le loro pellicce.
Il merito più grande è quello di essere rimasti fedeli a se stessi negli anni con dei capi intramontabili dove il processo d’attualizzazione è costante ma impercettibile: negli anni ’90 le linee si fanno più minimali rispetto a quelle morbide degli anni ’80, ma è più una questione del mood che l’ epoca impone che di un vero e proprio cambiamento.
Infatti il segreto del loro successo si può distillare in una parola: tradizione.
Tradizione famigliare portata egregiamente avanti dai suoi tre figli, in particolare da Angela che ora si occupa dell’ ufficio stile e della linea donna dal ’97, ma anche tradizione italiana legata al concetto di artigianalità che Tai e Rosita hanno da sempre anteposto alla preoccupazione, ricorrente nel settore, di voler diventare a tutti i costi la griffe “in” del momento.
Una visione sicuramente romantica che andrebbe riscoperta e presa d’esempio, non solo nel campo della moda, in un momento come questo in cui si parla tanto della crisi del made in italy.
Romanticismo e qualità: è quello che l’ Italia dovrebbe riscoprire.

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