martedì 24 febbraio 2009

Teatime














John Fante, Un anno terribile, Fazi Editore.
A cura di Maria Luisa Pozzi

Deve avere bevuto l’elisir dell’ eterna giovinezza. John Fante, dico. Per avere quella freschezza e quell’innocenza nel guardare il mondo.
In questo “anno terribile” lui vede il mondo con la spontaneità di un ragazzo di diciassette anni che sogna di diventare un campione di baseball. Si vede già circondato da una folla di ammiratori. E se dovesse morire? No problem. Gi ammiratori circonderanno il suo corpo esanime e diranno, “Questo è Dominic Molise, il più grande lanciatore di baseball mai esistito.”
Dominic, detto Dom, è figlio di un emigrato italiano che, dato il gelido inverno e la neve che cade senza pietà, non può fare il suo mestiere di muratore. Pochissimi soldi, in famiglia, dunque, per mantenere la moglie, un altro figlio, e la vecchia madre che parla solo uno stretto abruzzese della quale il nipote prova vergogna.
Della nonna, lui, però, capisce la tragedia, ..” le sue radici erano sospese in una terra straniera. Non avrebbe voluto venire in America, ma mio nonno non le aveva dato possibilità di scelta. C’era miseria anche in Abruzzo, ma era più dolce, condivisa da tutti come pane che si passa di mano in mano. Anche alla morte partecipavano tutti, e così al dolore, e alla prosperità, il villaggio di Torricella Peligna era come un solo essere umano.”

Nel descrivere sua madre, Dom ha tutta la freschezza, e la crudeltà dei giovani, “Era molto più vecchia dei suoi quarant’anni. Era difficile pensare che fosse mai stata giovane. C’era una fotografia di lei a dieci anni, seduta su un altalena in un parco giochi di Chicago, e anche lì dimostrava quarant’anni, una bambina di quarant’anni, con i codini e le scarpine bianche.”
Dom si vergogna del proprio aspetto e, in particolare, delle orecchie a sventola. Questo il rimedio suggerito dalla madre, “
‘“Mettiti la calza. E continua a pregare.’
Il rimedio per le orecchie a sventola, così dicevano gli abitanti di Potenza, era di mettersi in testa durante la notte una calza di donna. Finche tenevi la calza, funzionava bene. Poi scattavano fuori di nuovo.”
Mi fermo qui. C’’è tanto altro in questo romanzo breve di 122 pagine che l’autore non volle pubblicare. Lo fece la moglie, dopo la morte del marito.
E’ una storia o che va bene per noi adulti perché ci parla di quando avevamo 18 anni, dei nostri sogni, dei nostri impossibili amori e delle nostre terribili delusione. Va bene per i nostri figli e nipoti che, probabilmente, avranno amori impossibili e terribili delusioni come l’eroe di John Fante. Ma anche loro, forse, diranno, come Dom Molise, “Se chiudevo gli occhi, riuscivo a sentire il ronzio dei sogni per tutta la casa.”

Un abbraccio e buona lettura

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