martedì 27 gennaio 2009

BRICIOLE D'ESTETICA




Un orzaiolo nell'occhio del diavolo
A cura di Vladimiro Zocca

Pochi giorni dopo le feste mi arriva a sorpresa la telefonata di un amico che non vedo più da qualche anno.
Me lo ricordo alto, bruno, dotato di un certo fascino raffinato; più giovane di me, l’ultima volta che l’ho incontrato faceva la professione di psicologo del lavoro.
Eravamo soliti fare lunghe passeggiate notturne, specialmente attraverso la Bologna estiva, allietate da frequenti soste nelle svariate osterie della città.
Parlavamo di filosofia e di arte, perché il mio amico aveva una discreta cultura, anche se priva di punte originali.
Più giovane di me, aveva una voce morbida dal timbro carezzevole che utilizzava in un eloquio non privo di attrattiva.
Tuttavia, i suoi discorsi avevano una curiosa caratteristica, anche quando affrontava temi di grande rilevanza, finivano sempre a parare sulle donne.
Era, infatti, famoso per essere un grande tombeur de femmes; a quanto si diceva, anche da parte di amiche comuni, aveva una capacità non comune di seduzione, alla quale poche resistevano.
Da parte mia, chissà, forse per invidia, trovavo i suoi finali discorsivi piuttosto stucchevoli e ripetitivi ma rimanevo, comunque un ascoltatore affidabile.
Lo riascolto, perplesso, in quella drammatica telefonata; mi deve incontrare subito perché ha bisogno urgente dei miei consigli su un suo attuale amore infelice; si è invaghito follemente di una ragazza che, dopo averlo illuso, a sorpresa, lo ha rifiutato.
Ci incontriamo alle Sette Chiese in piazza Santo Stefano.
Ci rimango male: lo vedo sofferente e precocemente invecchiato, pallido, con due profonde occhiaie che fanno ombra al suo abbigliamento trasandato, lui, un tempo, così elegante e ricercato nel vestire.
Non sto a ripetervi la storia che mi racconta, è abbastanza scontata e piuttosto di maniera.
E’ passato tanto tempo e, nei suoi confronti, non ho più la confidenza di un tempo, ma devo fare qualcosa, perché è veramente disperato e mi fa compassione; in fondo, è sempre un mio amico.
Però, sul momento non so che dire, mi rimane solo la risorsa della cultura; del resto, mi ricordo che non seguiva mai le pellicole delle sale cinematografiche nelle quali andava solo per amoreggiare con compagne più o meno occasionali.
Gli racconto la trama di un film che la sua vicenda mi aveva richiamato alla memoria e che da studente mi aveva colpito particolarmente: “L’occhio del diavolo” girato in bianco e nero dal grande Bergman nel 1959, come divertissement cinematografico.
Il regista svedese, ad onta della sua sensibilità scandinava per i temi della femminilità, era già considerato allora un maschilista occulto, anche se sincero.
La storia parte da una didascalia di apertura che recita un antico proverbio irlandese, “Una vergine sulla terra è come un orzaiolo nell’occhio del Diavolo”.
La prima scena apre ad una fastosa sala del trono settecentesca nella quale il sire, con parrucca e vesti sontuose alla Luigi XIV, è tormentato da un doloroso orzaiolo che gli deturpa l’occhio sinistro.
Ne conosce la causa: in uno sperduto villaggio, su nella terra, un’avvenente ragazza è impegnata nei preparativi di nozze con quel bravo ragazzo del suo fidanzato.
L’unico che può salvare Satana da quella orribile situazione è un certo Don Giovanni Tenorio, il più famoso seduttore della Spagna secentesca.
Sta scontando la sua pena, in una specie di contrappasso dantesco, su un’alcova d’amore nella quale si succedono bellissime donne che, sul momento di essere da lui possedute, si dissolvono improvvisamente.
Il patto con il Diavolo è stipulato e Don Giovanni sale in missione; sembra un gioco da ragazzi; la fanciulla sembra piuttosto civettuola e disponibile ad essere corteggiata da quel bel tenebroso venuto da lontano.
Ma succede l’ impensabile, vale a dire la fine di Don Giovanni in quanto si innamora perdutamente della fanciulla alla quale si rifiuta di togliere la verginità; lei convola a giuste nozze con lo sposo promesso.
Mentre l’orzaiolo nell’occhio del diavolo va in suppurazione il seduttore ritorna all’ Inferno a scontare la sua pena eterna.
Ma anche il mio amico rimane sprofondato nel suo personale inferno dei sentimenti; la storiella dell’orzaiolo sembra rendere più acuta la sua disperazione.
Cerco di fargli capire con una disquisizione filosofica, in quel momento probabilmente inopportuna, - ma lo psicologo è lui - che, quasi sicuramente, sta passando dallo stadio estetico a quello etico.
Non solo, se continua così, può raggiungere, addirittura lo stadio supremo, quello religioso.
Probabilmente, sotto quell’ apparente cinismo dalla brillante superficie che ha contraddistinto la sua vita, pur costellata di indubitabili successi, si nascondevano tremende lotte interiori che erano il segnale di una segreta aspirazione all’infinito.
Fino a quel momento era uscito come una canaglia dalle sue molteplici relazioni con donne che vivevano, esse pure, in una condizione estetica, troppo attaccate al finito e alla felicità dell’attimo che annulla qualsiasi temporalità futura.
Ma non volevo fare la figura dell’ipocrita moralista; queste considerazioni non erano farina del mio sacco.
Mi appellavo, infatti, alla speculazione di Kierkegaard, il precursore ottocentesco dell’Esistenzialismo moderno, che tanto aveva interessato gli studi della mia giovinezza.
Il grande filosofo danese mi aveva convinto che l’umanità si dibatte nei tre stadi dell’esistenza: estetico, etico, religioso, i cui passaggi dall’uno all’altra condizione possono avvenire con salti al di fuori della logica.
Il mio amico era il tipico esponente della vita vissuta come momento, nel tentativo di annullare la temporalità della quale è costituita l’esistenza, attraverso una sua polverizzazione in istanti non più ricomponibili.
Un cammino attraverso quelli che Kierkegaard definisce “stadi erotici immediati”.
Ma poiché il desiderio si muove con indeterminatezza solo la disperazione del passaggio allo stadio etico, con l’apparire della riflessione, dà inizio alla presa di coscienza.
Quello che gli è mancato è proprio la riflessione, proprio come a Don Giovanni, per il quale l’amore sensuale, a differenza dell’amore psichico, non conosce dubbio, inquietudine o attesa.
Tuttavia, neppure la riflessione è sufficiente, è necessario fare il salto estremo, uscire da se stessi ed essere capaci di infinito abbandono che, solo, ci permette di arrivare alla pura identità.
Purtroppo l’amico mio non ne vuol sapere: “ salta tu allo stadio religioso, moralista del cavolo, stavo meglio quando stavo peggio!”, mi dice tra il lamentoso e l’inviperito.
Mi concedo, allora, un supplemento di riflessione.
Infatti, in quel mio impegno inutilmente consolatorio, mi sento immerso in uno stadio etico, ma me ne vergogno subito; gli consiglio l’ultima spiaggia: un buon psicanalista che sappia essere contemporaneamente risanatore del corpo e medico dell’anima.
In fin dei conti non ho dimenticato che sono un amico speranzoso in un esito positivo di questa dolorosa vicenda.

4 commenti:

KatiaC ha detto...

Più brevemente direi: chi di spada ferisce di spada perisce.
Oppure: il pifferaio che andò per suonare e venne suonato.
Insomma prima o poi capita a tutti ecco, forse lui non c'era abituato al due di picche. :-)
Io gli avrei consigliato l'opera omnia di Elio e le storie tese.

Anonimo ha detto...

Scusate avete un critico d'arte che non ha commentato la mostra dell'arte e Bologna?

sabrina.com

Anonimo ha detto...

Cara Katia, hai ragione: con le donne - che erano di un certo tipo - non ha mai perso un colpo, fino al momento fatale. Non si è mai ripreso completamente, infatti ho saputo che a primavera si sposerà con una signorina più giovane di lui; per adesso è passato, probabilmente allo stadio etico, però non dispero che, prima di morire, passi a quello religioso.Comunque, non mi ha mai riconosciuto come buon consigliere.
Ti saluto caramente, Vladimiro

Anonimo ha detto...

Cara Sabrina, se ti riferisce alle iniziative in margine ad Arte Fiera, alcune sono molto belle e importanti. Tuttavia, non per un malinteso senso di aristocrazia, considerato che su queste hanno scritto diversi critici e giornalisti anche molto valenti, sul blog preferisco battere strade tutte mai.
Ciao, da Vladimiro

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