martedì 2 dicembre 2008

BRICIOLE D'ESTETICA



Mario Volpi, Mille di queste notti, 2008, stampa lambda, cm. 90 x 150

SONO RITORNATI I VAMPIRI
A cura di Vladimiro Zocca

Sembra proprio che i vampiri siano ritornati tra noi. No, non penso ai nostri ministri dell’economia e della scuola; quelli appartengono, piuttosto, alla generazione dei licantropi che non succhiano sangue, ma si nutrono della carne dei poveri cittadini, soprattutto infanti e adolescenti.
Mi riferisco al ritorno periodico di quella creatura inquietante e metamorfica, appunto il Vampiro, che fece, storicamente, la sua apparizione ufficiale nel Settecento, il Secolo dei Lumi, la cui ragione dominante non poté evitare di aprire la porta di un suo insospettabile ripostiglio tenebroso, collegato direttamente all’inferno dell’essere, per liberare incubi.
Naturalmente parlo di un ritorno nell’immaginario letterario e, di conseguenza, cinematografico e televisivo. Anche questa volta alcuni maligni analisti di impostazione veteromarxista, hanno rispolverato la similitudine del capitalista che succhia il sangue al popolo, sotto forma di forza lavoro trasformata in fiume di sangue.
Certo, qualcosa di vero ci deve essere; si dice in giro, infatti, che la letteratura e il cinema riabbraccino con entusiasmo i vampiri, specialmente nei periodi di crisi economica e quando i cittadini sono mal governati. Forse, è per questo che i vampiri hanno una grande diffusione nella letteratura e nel cinema statunitensi. Da buon cultore di questo genere di produzione artistica, ma anche da democratico, auspico che il nuovo presidente risani moralmente ed economicamente il paese senza far estinguere questo filone culturale così fecondo e seguito.
Va detto, tuttavia, che già Voltaire nel Settecento, alle notizie provenienti dall’Europa orientale sulle numerose scoperte e cacce di vampiri, sosteneva che in Francia i veri vampiri non si vedevano mai, riferendosi a profittatori e strozzini che infestavano il suo paese prima della Rivoluzione Francese.
D’altra parte, alla prima di Vampyr, l’opera affascinante del musicista romantico Heinrich August Marschner, che ha inaugurato, la sera del 15 novembre la stagione lirica del Teatro Comunale di Biologna, sotto l’alta direzione del grande Roberto Abbado e la splendida scenografia di Pier Luigi Pizzi, avvenimento unico per il melodramma in Italia, data la singolarità del tema, le maestranze avevano esposto in scena uno striscione di protesta con scritto “Non siamo noi i vampiri, ci dipingono così”.
A questo proposito, mi piace ricordare che, in un certo senso, Bologna aveva avuto a che fare con la questione dei vampiri nella stessa epoca voltairiana, quando il famoso Cardinale Prospero Lambertini, che considerava il vampirismo una pericolosa superstizione appartenente al folclore più ignorante, divenuto papa con il nome di Benedetto XIV, mandò una severa lettera all’arcivescovo polacco di Leopoli, ordinandogli di sradicare la deplorevole pratica di disseppellire e trafiggere morti in sospetto di vampirismo. Un tema, questo, che aveva già trattato nell’opera De servorum Dei beatificazione et Beatorum canonizatione, pubblicata nel 1749.
Non è un caso che i vampiri siano stati chiamati i Revenants, con un termine francese che sottolinea il loro carattere internazionale: sono dei grandi giramondo in eterni viaggi di formazione e sono, per giunta, i “ritornanti” costanti dell’immaginario letterario e cinematografico.
Infatti, in questi mesi, sta furoreggiando la trilogia vampiresca dell’americana Stephenie Meyer a partire dala pubblicazione del primo romanzo, Twilight, dal quale è stato tratto il film omonimo diretto da Catherine Hardwicke, in programmazione in questi giorni, con grande successo, specialmente tra i giovanissimi.
Possiamo definire la scrittrice americana una specie Moccia americana del genere horror , ma di risonanza mondiale. Questa del pubblico non à la sola novità che riguarda la letteratura sul Vampiro oggi: il lavoro della scrittrice americana sembra completare la svolta iniziata da un’altra scrittrice americana, Ann Rice che, in Intervista con il vampiro, scritto nel 1969, negli anni della contestazione hippies, afferma la linea femminile del vampirismo, con la riappropriazione della figura del Vampiro, per lo meno tramite la scrittura di donne.
La femminilizzazione del Vampiro ha, tuttavia, un precedente letterario proprio agli albori del romanzo gotico, quando l’irlandese Sheridan Le Fanu in Carmilla, racconto pubblicato nel 1871, fa agire sulla scena un vampiro donna con atteggiamenti omosessuali, anche se non espliciti. Probabilmente lo scrittore irlandese era stato colpito dalla ballata incompiuta del grande poeta romantico Samuel Coleridge, Christabel, nella quale agisce una strega vampira, Geraldine, impegnata in un desiderio assoluto per la protagonista, al limite dell’amore lesbico.
Con Twilight, abbiamo, quindi, una sorta di normalizzazione del Vampiro, già diventato vampiro mediatico con la Rice, la quale gli ha permesso di entrare, a pieno titolo, in questa società postmoderna, con la consapevolezza di essere, un persecutore e un perseguitato contemporaneamente, e di avere un grande bisogno di outing con un desiderio impellente di raccontarsi e di esibirsi; è così che diventa un cantante rock.
Del resto, la figura del Vampiro triste, dall’identità precaria, era già stato interpretato nel 1978 da un eccezionale Klaus Kinski nel film di Werner Herzog Nosferatu, il Principe della notte. Ormai più che di sesso il vampiro ha bisogno di amare e di essere amato, e non sa come fare, data la sua condizione di “non spirato”, “mai morto”, un essere perennemente al confine tra la vita e la morte e, quindi, particolarmente instabile ed esposto a crisi esistenziali, ai limiti dell’impotenza.
Il passaggio dal desiderio assoluto, fatto di sesso nutrito di sangue, alla capacità di amore, anche intriso di poesia e di delicatezza, avviene nell’affermazione dell’amore al femminile.
L’abdicazione del vampiro in quanto maschio, incapace di soddisfare i suoi desideri sessuali, è stata mirabilmente raffigurata da Mario Volpi, artista raffinatissimo, che nella mostra, L’alchimia del corpo, da me curata nel maggio di quest’anno a Castel San Pietro Terme. L’artista, che anche è un grande cultore di cinematografia, ha operato un’elaborazione fotografica in una contaminazione di immagini filmiche e fotografiche del periodo espressionista, partendo dal Nosferatu di Franz Murnau.
L’opera, Mille di queste notti, vede il Vampiro letteralmente gettato su un grande schermo installato in una sala in bianco e nero, a bramare, impotente, il sensuale corpo nudo della bellissima Louis Brooks, famosa attrice del cinema muto degli anni Trenta, che posa a destra, alla base dello schermo stesso, quasi trionfante nel suo irresistibile sex appeal.
Ormai, non potendo più godere della morte erotica che alimentava la sua vita apparente con il sangue di fanciulle ingenue, Nosferatu, prigioniero dei quattro lati dello schermo, ha ceduto il suo potere alla nuova regina dell’immaginario erotico collettivo, la donna fatale che, in quanto seduttrice senza scambio da femme sans merci, capovolge il rapporto di dipendenza dal maschio e diventa la vamp.
Faccio notare che la parola vamp, contrazione di vampiro, viene cognata nel 1914 per la bruna e bellissima attrice danese Theodosia Goodman, quando, per la prima volta in un film, bacia sulla bocca il suo partner, come ci racconta Ornella Volta, vampirologa italiana, aspirando la sua forza vitale e, di conseguenza, quella del pubblico. Non è un caso che l’attrice, appena sbarcata negli Stati Uniti, si farà conoscere con lo pseudonimo di Theda Bara, anagramma delle due parole inglesi Arab Death “Morte Araba”, dove la parola italiana è tutto un programma.
Dunque, il connubio di amore e morte, la cui indissolubilità è stata intuita dalla psicoanalisi di Freud, all’inizio del Novecento, trova la sua giustificazione nella scrittura femminile di oggi, dove il bisogno inconscio di immortalità senza il sacro, anche a prezzo di imborghesimento del vampiro che, ritornato adolescente, si trova a confessare le sue pene d’amore in un territorio così poco romantico come la provincia americana.
L’amore è ciò che resta, un amore segnato indelebilmente dalla femminilità, anche ragazzina.

8 commenti:

maggie ha detto...

questo post è davvero bello. l'ho letto due volte causa i diversi riferimenti da ritrovare e poi l'ho riletto per l'affascinante figura del vampiro. L'immagine è stupenda...l'impotenza è chiara...questo vampiro che ruba il grande schermo, ma che in realtà brama il posto della bellissima attrice. I ruoli invertiti e un'importanza che non risiede nelle dimensioni, ma nel dinamismo (io l'ho interpretata così). La vamp che volteggia sul palco, una vamp fatta di carne intoccabile e inarrivabile dallo stesso schermo cinematografico che l'ha consacrata e che si nutre di lei. l'ho guardata molto, quest'immagine. Complimenti a Mario Volpi. Davvero.

Anonimo ha detto...

Cara Maggie, hai centrato il carattere dinamico della scena, anche se, come le tue cornici, il quadrilatero dello schemo e la posa di Louise cercano di bloccarlo in due ferma-immagine nello stesso quadro

Anonimo ha detto...

Cara Maggie, hai centrato il carattere dinamico della scena, anche se, come le tue cornici, il quadrilatero dello schermo e la posa di Louise cercano di bloccarlo in due ferma-immagine nello stesso quadro.
Da Vladimiro

maggie ha detto...

si, è vero, ci sono due ferma-immagine, ma uno è più forte dell'altro, nel senso che il movimento di Luoise è chiaro sia più veloce, più umano. il pause dello schermo, invece, sembra fissare una sequenza già di per sè più lenta, forse già ferma. si, qui le cornici sono piene. entrambe. riempite. anche la scelta dei colori rimarca il dualismo, dal rosso si passa al giallo e poi al bianco, quasi candido del corpo nudo, quasi marmoreo, seppure più umano. probabilmente questa immagine mi ha colpita tanto per i contrasti. si, credo sia per questo.

Maddalena ha detto...

Il vampiro ti succhia la linfa vitale, ma al buio; il vampiro in realtà brama la luce: della ribalta!

Anonimo ha detto...

Si, cara Maddalena, è vero, il vampiro ama la luce della ribalta anche se soffre di solitudine; infatti alla destra dello scorpo c'è una porta socchiusa verso il fuoco dell'inferno, forse.
Da Vladimiro

Anonimo ha detto...

Caro Mastrobuono, ringraziandoti dell'apprezzamento, ti dico che accetto l'invito; ti chiedo solo di pazientare fino a dopo le Feste, per miei impegni già programmati. Un caro saluto da Vladimiro Zocca

Unknown ha detto...

molto bello il post davvero, pensa che a proposito della Meyer che tu citi, ho appena iniziato a leggere L'Ospite, inizio di una nuova trilogia.
Grazie ancora e in bocca al lupo per il futuro

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