giovedì 16 ottobre 2008

BRICIOLE D'ESTETICA


Ritorno dell’ombra
A cura di Vladimiro Zocca

Quando Proust e Bergson affermano che le parole sono l’ombra dell’anima e Nietzsche, come mi ricorda Francesca, dice che la parola è anima, segnano, in fondo, una rottura antiromantica. Le “culture dell’ombra”, sviluppate dal Romanticismo in creazioni fascinose dell’inquietudine e, a volte, dell’orrore, hanno sempre fatto accompagnare l’ombra dal male e dalla morte, portandone all’esasperazione l’interpretazione presente nell’Antico Testamento come oscurità, come fugacità della vita umana come, appunto, “ombra della morte”.
Del resto, lo stesso Jung, sul solco di questa tradizione negativa, che passa dal Platone dell’ombra come semplice apparenza, vede in essa la rappresentazione del male, cioè di tutti gli aspetti negativi di un individuo che devono essere repressi.
Ecco perché, nell’immaginario romantico, spesso il diavolo è un ladro d’ombre; è quanto succede al Peter Schlemil di von Chamisso che stipula un patto con il diavolo, il re delle ombre, vendendogli la sua in cambio della ricchezza sulla terra.
L’ombra di Proust è la stessa di Peter Pan, creato all’incirca nella stessa epoca da Barrie, il bambino che non vuole crescere, che non accetta di la frattura tra infanzia e adolescenza. E l’ombra dell’eterno ritorno che accompagnerà sempre il grande scrittore nei suoi continui afferramenti di frammenti del tempo perduto.
In fondo, è un ritorno alla corporeità concreta del Rinascimento là dove il corpo nudo di donna diventa l’infinito universo sensibile delle forme.
Nel mondo classico solo gli Dei non hanno ombra e, quindi, senza forma, scendono dall’Olimpo sulla terra nell’apparenza dell’ombra. Correggio, del quale si è aperta, in questi giorni a Parma, la mostra più importante, rappresenta due amori terreni di Giove, dal ciclo dei quattro Amori di Giove del 1530 per la committenza del duca di Mantova Federico I Gonzaga. L’artista parmigiano si avvale di una similitudine informale: in Giove ed Io il dio è una nuvola al cui abbraccio sessuale la ninfa si abbandona.; in Danae, la fanciulla accoglie nel suo corpo desiderante Giove che cade come una pioggia dorata. Sono immagini sensuali di esplicito erotismo, che ha la consistenza della materia primordiale.
Nuvole e pioggia sono ombre che perdono la forma: prima del tempo classico l’etimologia della parola ombra ha un’origine fisica di elemento materiale, analogo al’acqua, il principio fisico indicato da Talete, il primo filosofo apparso in Grecia, incorporeo, come dice il greco ombros e il latino imber che significano “pioggia”, dalla radice sanscrita abhra- che vuol dire “nuvola”.
Il corpo si riappropria dell’ombra, quale entità fisica che sottrae energia di luce al sole, indispensabile elemento vitale della natura. Una natura che tiene l’ombra indissolubilmente legata al corpo che la genera e tenta di darle forma, come la hyle della Fenomenologia husserliana, una materia dalla quale viene formato qualcosa attraverso atti intenzionali. E’ la filosofia sotto la guida del corpo che Nietzsche ricercava, rivalutando il ruolo del nostro corpo nella costituzione del senso.
Il diavolo e le creature malefiche dei racconti gotici della letteratura nera, hanno ritrovato la loro ombra: anche il conte Dracula, con la sua ombra, ha ritrovato, finalmente, il suo sangue del quale, oggi, fa esibizione.
Allora, le parole, quali ombre del ricordo, hanno il potere di attraversare il tempo della nostra esistenza terrena, alla ricerca delle tracce e dei segni dell’essere sprofondato nella carne viva del nostro corpo.
Nel Dhammapada, la raccolta buddista di versi gnomici, si legge che siamo ciò che pensiamo: ogni parola, come la nostra ombra, ci segue inseparabile.

1 commento:

Maddalena ha detto...

L'ombra, la luna, il lato oscuro: dove non c'è luce si può dare spazio alla parte mno nobile di noi stessi, che anche se vogliamo celare, c'è ...

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