martedì 1 luglio 2008

DI MAMMA (NON) CE N'E' UNA SOLA


Lettura per l'estate
a cura di Anna Grazia Giannuzzi

Lavorare sull’evoluzione delle idee è strano, perché consiste nel dare risalto ad un fenomeno privo di rilievo, che già esiste nella realtà, di cui non si prende coscienza perché si confonde con la realtà ambientale” Boris Cyrulnik -Il dolore meraviglioso.

Vi parlo di questo libro e delle idee che hanno cominciato a frullarmi in testa dopo la lettura. Suggerisco di leggerlo, ovviamente, anche sotto l’ombrellone se andate al mare, o dove vi pare, se in vacanza andate dove vi pare. Ma vi propongo anche di rileggerlo, di tanto in tanto, perché suggerisce punti di vista poco praticati, che contrastano con alcune false regole di vita che si fa spesso fatica a mettere in discussione, ma è necessario farlo.
Il libro parte dal concetto di maltrattamento infantile e poi ci conduce, anche attraverso la storia personale dell’autore, al più generale concetto di resilienza. Circa il maltrattamento, le mie riflessioni sono queste: servono le prove per credere a quello cui non si riesce credere. Del resto alcuni genitori sono convinti di essere semplicemente severi o all’antica, o di temprare i loro figli. È più facile credere a figli maleducati ed intrattabili che stancano e spazientiscono i genitori, piuttosto che a genitori che davvero hanno perso il senso della misura e volte dell’umanità. Ci si muove così, circondati da un muro di ovatta. Da un lato la convinzione secondo la quale nessun genitore può fare consapevolmente del male ai propri figli; dall’altro alla convinzione culturale secondo cui il passato è il passato, superato, sta meglio dove sta, non influenza più il presente. Siamo un po’ mafiosi, ci gusta conservare scheletri nel cemento dei pilastri delle nostre case o negli armadi. Una volta che un bambino è diventato un uomo e una bambina una donna, che cos’è tutto quel parlare della tristezza della propria infanzia, sarà il caso di farla finita di vivere nel passato. Nessuno chiede che tipo di uomo o donna è diventato crescendo. Ci piacciono i segreti, gli spazi grigi e le risposte ambigue.
Racconto di me, e vorrei farne a meno, ma è andata così: nessuna insegnante ha usato qualche minuto del suo tempo per raccontarmi che la mia figlia più grande, inaugurando una stagione di comportamenti “che non ci saremmo mai aspettati da lei”, stava regolando i conti con il proprio passato ed in un tema in classe salutava l’altra mamma e le chiedeva per favore di essere contenta per lei, che adesso si trova in Italia ed è felice con la sua nuova famiglia, che ama lei e le sue sorelle. Era una lettera d’amore e di congedo dall’altra mamma. Le diceva che a conti fatti le voleva bene, anche se era andata come era andata, ma la stava dimenticando e voleva, forse doveva, dirglielo, perché questo le faceva un po’ paura. Ho scoperto il tema per caso, e quando l’ho scoperto ho capito perché da qualche tempo la mia ragazza era proprio strana e mi sembrava infelice. Poi ho capito che era triste per me, cioè aveva paura che io soffrissi, che fossi, che so, gelosa dell’altra mamma. Il silenzio steso sull’episodio, completato con un ottimo voto al tema, nel quale comunque c’erano alcuni errori di grammatica rispetto ai quali l’insegnante è stata troppo generosa, mi ha confusa ed un poco irritata.
Ma l’episodio secondo me va ricostruito correttamente in questi termini: nel corso degli ultimi tre anni, io e mio marito siamo riusciti a dare a lei ed alle sue sorelle amore e serenità in misura sufficiente da permetterle di rivolgere al passato il proprio sguardo, di dedicare la propria preoccupazione generosa a chi l’ha fatta nascere e quindi tornare a guardare avanti, tornare ad avere un futuro. Con la famiglia che l’ha scelta e che, giorno dopo giorno, anche lei stessa ha scelto. Insomma, mia figlia sa ancora amare e questa mi sembra una grande notizia. Soprattutto perché ama anche noi. Soprattutto perché ha cuore per rivolgere un pensiero d’amore a chi non pensava ad altro per lei, che ad un istituto in cui crescesse e studiasse fino alla maggiore età. E rispetto ad altre situazioni, non è nemmeno un pensiero del tutto privo d’affetto.
Quello che invece è successo fuori dal cuore e dal cervello di mia figlia è stato probabilmente l’innescarsi di una memoria selettiva che ha spinto le maestre ad evitare di affrontare alcune riflessioni profonde: quello che ho vissuto mi condizionerà, mi limiterà, mi ucciderà o potrò andare avanti? Come faccio a tenerlo presente e ugualmente ridere crescere amare? In effetti le maestre parevano molto più preoccupate perchè durante la ricreazione la mia ragazza aveva stilato una graduatoria dei maschi che le piacciono di più. È proprio figlia mia. A margine metterei le domande su di me, nel senso che cosa penso che mia figlia scrive all’altra mamma, etc. etc. Con parole molto caute ad inizio d’anno avevo cercato di introdurre la fase delicata di elaborazione del recente vissuto che stava attraversando mia figlia: parole rimaste assolutamente prive di effetto, persino di eco, direi.
Non appena nella vita di un bambino che ha sofferto arriva una figura positiva, nel suo stato fisico e psicologico si realizzano miglioramenti tali da far credere sinceramente a tutti che il passato non esiste, è superato, cancellato e non può più produrre effetti. Questo prolunga la vita, fisica ed emotiva, ma rende tante cose più difficili. Perché il dolore c’è e un posto bisogna trovarglielo. Un posto alla luce e non all’ombra, dove può solo fare peggio, perché senza il riconoscimento di quel dolore non saremmo quello che siamo, nel bene e nel male. Voglio solo aggiungere che anche la classe avrebbe potuto trovare un’occasione importante di riflessione e di crescita collettiva proprio affrontando il tema del dolore e dell’amore, del perdono per chi ci fa del male e del superamento della rabbia e del rancore. Ma l’esperienza del singolo non è diventata patrimonio comune.
E allora? Di dolore si guarisce oppure con il dolore soltanto si convive, creando le condizioni per una vita accettabile? E le persone che con la testimonianza della loro esperienza ci spingono a guardarci dentro, perché ci fanno così paura?
Buona lettura, buona estate.

3 commenti:

Maddalena ha detto...

Guarda io credo che un libro dovresti scriverlo tu, Anna Grazia, affinche la tua esperienza serva ad altri, hai una capacità di lettura dei sentimenti molto profonda. Se avessi letto il tuo post ieri ti avrei detto che con il dolore si convive e basta. Stamattina invece sono certa che il dolore possa passare, che sia una condizione che nella vita si ripresenti, ma che debba passare, anche grazie alle persone che come te si guardano e guardano dentro agli altri.

Anonimo ha detto...

cara annagrazia,
non ci sentiamo da molti anni, principalmente per colpa mia... una serie di stravolgimenti della vita mi hanno portato lontato dall'italia. noi due condividiamo un piccolo segreto, la canzone delle scarpe blu, la ricordi?
qui paolo (palinuro, anno 2001 forse?), temporaneamente in iraq. mi piacerebbe risentirti, se hai tempo e voglia scrivimi su cactustree@libero.it
con affetto, p.

Anonimo ha detto...

brava !!! Monica

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