venerdì 27 giugno 2008

PSYCHE'


LA LETTURA DELLA DIFFERENZA
a cura di Susana Liberatore

Dire che quando non ci piace una parte nostra rifiutiamo la parte negativa di noi stessi e la proiettiamo agli altri, non é una novità. Sembra, anzi, sia un meccanismo adatto per la bilancia psichica.
Poiché la nostra identitá non nasce con noi, ci si forma nel corso di una vita. In questo lungo percorso, per non cadere negli spazi di vuoto, di vertigine, di perdita della realtà, percepibile facilmente nella psicosi, si organizzano reti di appartenenza e di identificazioni. Ma non serve soltanto “appartenere” ad un gruppo. Perchè, paradossalmente, si appartiene a un gruppo, si è un soggetto, perché non si appartiene o si è un altro. Il gioco è dunque doppio: sono un soggetto perché condivido certe caratteristiche con gli altri, ma anche perchè sono diverso dagli altri.
Freud lo diceva chiaramente a principio del secolo scorso: non esiste un paese, una cultura o gruppo sociale, che non abbia nella sua storia uno scontro con l´altro, concepito in questo caso come nemico.
Allora possiamo dire che, originariamente, l´uomo ha la necessità di trovare, individuare, allontanarsi, ed anche a volte lottare, contro l' altro diverso, come limite o barriera al “sè stesso”.
Ma questo ci porta ad un problema attuale: come si fa quando il diverso é il mio vicino di casa?
La globalizzazione ci offre una nuova sfida con il nome “immigrazione”.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella domanda...Dalla mia esperienza personale penso che l'unico modo sia quello di valutare ogni persona singolarmente. Lavoro in un negozio e ho a che fare con persone di ogni razza e in ognuna di queste ci sono individui buoni e altri...un po'meno...
Un abbraccio
Lorenzo

Susana Liberatore ha detto...

Sí, perché quando si stabilisce un rapporto con ogni persona si riesce a capire che é impossibile l ídea di conoscere a tutta una cultura attraverso il "particulare".Grazie per le tue parole, Lorenzo!

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