mercoledì 21 novembre 2007

C'ERA UNA VOLTA LA FAVOLA


C’ERA UNA VOLTA LA FAVOLA
a cura di Roberto Bianchi

Ad offuscare questa mia mattina di novembre, mentre mi diletto a leggere i commenti del nostro blog e fuori il vento autunnale smuove dolcemente le poche foglie rimaste, odo dal soggiorno la tv tenuta altissima da mio padre, che è un po’ sordo e ascolta il TG5:
“Tema-choc: come uccideresti un compagno!” proferisce lo speaker.
Ecco cosa regalano gli educatori di quest’epoca… Nelle scuole italiane si propongono temi da svolgere di questo genere… e poi ci domandiamo da dove viene tutta questa violenza, il perché dell’aggressività, etc, etc.
Mi rivolgo a voi come genitori, non vorreste ispirare i vostri giovani invece alla concordia e alla pace?
Pensiamo a quanto sarebbe bello un mondo nel quale, anziché gli esseri malvagi, vincessero utopicamente la fratellanza e la concordia. Imporre divieti ottiene spesso l’effetto opposto, instradare invece all’amicizia può aiutare assai. L’essere in età evolutiva ha una naturale tendenza all’egocentrismo ed è normale, occorre però aiutare nel cammino di vita e guidare piano piano a non far divenire ciò egoismo. Ecco uno dei mali di quest’epoca: l’eterno egoismo!
Inizia questa mattina una mia serie di favole, inscenate in un giardino magico e proprio l’egoismo e la generosità saranno il tema odierno. La mia vuole essere soltanto un’idea per proporre poi la vostra favola come meglio credete, nel senso che voglio solo fare da stimolatore. Tra voi e i vostri piccoli potranno così nascere nuovi importanti canali comunicativi, anzi la miglior cosa sarebbe quella di riuscire a far diventare anche il fanciullo parte attiva della fiaba, che potrebbe divenire interattiva con suoi interventi. Il trucco del giorno è il discorso indiretto: provate a mettere nella narrazione l’uso di discorsi indiretti per accentuare l’immediatezza, ma vedrete meglio nella nota l’uso che io qui propongo.

EGOISMO

L’egoismo è l’atteggiamento di chi premeditatamente si pone a cercare di ottenere per sé il massimo possibile, senza tenere in nessun conto le necessità e i bisogni del prossimo. La vera educazione va oltre il conformismo e i comportamenti falsamente altruistici, così che l’educando non venga deviato dal proprio interesse, ma in uno spirito generoso e di reciproca comprensione. Solo se sin da giovani si inculcano tali sentimenti, potremo anelare ad avere un popolo di adulti che collaborano reciprocamente per il benessere.

PROLOGO

Tanto e tanto tempo fa, in una parte del mondo lontana o vicina non si sa, cresceva stupendo, nella parte assolata del bosco, un giardino di fiori.
Era un giardino speciale, tanto colorato e profumato, dove tutti i fiori vivevano in stupenda armonia e piena felicità.
La regina del giardino era la meravigliosa rosa, rossa come l’amore e con i petali vellutati e teneri.
Olezzava soavemente, ma non era una regina come quelle dei regni dei tempi oscuri o come i governanti della nostra epoca, ella viveva per il suo popolo, anelava alla solidarietà e voleva che ogni corolla e ogni cespuglio amasse il prossimo.
Ogni giorno, delle fatine e degli gnomi si recavano a curare queste piante magiche. Allora si vedevano le alucce trasparenti delle fate librarsi lievi, per aspergere d’acqua tulipani e viole, orchidee e gerani.
Ogni volta che gli gnomi giungevano con le loro cesoie magiche, per estirpare le erbacce e potare i rami in eccedenza, una miriade di api e farfalle raccoglieva nettare e c’erano balli e danze di gioia, mentre alcuni folletti suonavano i loro pifferi incantati.
In mezzo a quel clima festante, la regina rosa raccontava sempre una fiaba. Ecco quella che narrò quella volta:


LA CORONA DEL PADRE RE

C’era una volta un regno tanto bello, ricco di fiori come mammole viola e gelsomini profumati, con tanti pettirossi che cantavano e gente contenta e lieta di vivere insieme.
Il bravo re, però, aveva deciso di trascorrere una quieta pensione; fece allora rullare i tamburi e convocò al suo trono d’avorio e oro i tre figli:
“Sono anziano ormai!” disse il sire scostando il suo bel manto di broccato rosso per far vedere le spalle curve.
“No, padre! Non sei vecchio!” commentarono i figli all’unisono…
“Sono anziano… sono anziano!” ribatté il monarca e quindi continuò: “Ho deciso che lascerò lo scettro, a chi di voi meglio opererà in un anno di tempo!”
I tre figli ascoltavano attenti, già pensando a come agire per risultare degni di indossare la corona.
Il serto dorato, con un diadema turchese stava in capo al re e splendeva come non mai, quando il padre benedì i figli che partirono per cercare di capire come operare.
Mos, il più grande dei tre principi, si avviò verso il paese. La gente non sapeva ancora che egli stava cercando di essere il successore al trono, ma tutti s’inchinavano e baciavano la terra avanti a lui.
“Mi chiedo cosa posso prendere a questa gente per accumulare denaro e portare tra un anno un gran tesoro a palazzo reale!” meditava fra sé e sé. Chiamò i suoi lacché e fece costruire una casa grigia:
“Sarà questo l’ufficio dove riscuoterò tasse e gabelle!” disse Mos deciso a spillare ogni soldo dal borsello di popolani.
E’ FACILE PRENDERE AGLI INDIFESI
[1].
Il suo sguardo era bieco e gli occhi iniettati di sangue, tanto malvagio era quel progetto.
Nel mentre Jik, il mezzano dei fratelli, aveva deciso:
“Per far vedere al re padre quanto sono scaltro, strapperò i terreni ai contadini e li chiuderò per sempre con del filo spinato!”.
Fu così che i contadini rimasero senza terreno da coltivare e i loro borselli divennero completamenti vuoti.
CHI HA POTERE PUO’ COMPIERE TANTE INGIUSTIZIE
[2].
Mos, intanto, seguitava a imporre tasse:
“Chissà come diventerò ricco e come potrò vantarmi davanti al babbo!” diceva.
Anche Jik era orgoglioso delle sue malefatte:
“Il tesoro da me raccolto, con tutti i campi che posseggo, sarà quello di maggior valore e il trono sarà mio!”
Nel mentre che i due fratelli più grandi continuavano a pensare cosa prendere al prossimo, il più piccolo, Mino, se ne andava in giro col cuore commosso e anziché pensare alla possibilità d’impugnare un giorno la corona, aiutava i bisognosi, sfamava gli affamati, donava ogni sua cosa per soccorrere il prossimo.
DONARE E’ TANTO BELLO
[3].
“Poveri fanciulli!” si dava pena Mino vedendo i bambini che non potevano far colazione e regalava le sue opulente mucche, perché i piccoli potessero avere latte in quantità.
Così procedendo, i primi due a racimolare ingiustamente possedimenti e il terzo a servire il popolo, si arrivò all’anno successivo.
I trombettieri di palazzo chiamarono a corte i tre principi:
“Oggi sceglierò chi di voi mi succederà al trono!” disse il padre re.
Mos presentò tutti i soldi racimolati con le tasse. Aveva tini pieni di talleri e dobloni, tanto che li tirò in aria come per far vedere che poteva farsi una doccia nell’oro.
Il padre però storse la bocca.
“Hai visto di cosa sono capace?” disse Mos, tuttavia il re non rispose.
Jik mostrò dalla bifora di palazzo i campi contornati di filo spinato:
“Li ho sottratti ai coloni!” disse e il padre fece un’ulteriore smorfia, poi si rivolse a Mino:
“E tu… cosa hai portato per far vedere come agisci?” gli chiese il re.
“Io non ho nulla da esibire, ho dovuto aiutare tutti i poveri e i negletti portati sull’orlo del baratro della miseria dai miei fratelli!” disse il più giovane dei tre principi.
Il re si alzò. Seppur carico di anni era sempre un bell’uomo, si tolse la corona e stava per porla sul capo di uno dei tre successori. Mos e Jik si guardavano a denti stretti, mentre non consideravano neanche Mino, ritenendolo indegno di partecipare a quell’agone.
Il re smarrendo tutti sentenziò:
“Per governare bene un popolo non devi chiederti cosa puoi prendere all’altro, ma cosa puoi dare e solo in questa maniera ci sarà gioia per te e per tutti!”
Fu così che la corona d’oro e turchese venne messa sul capo di Mino, che diventò re buono e misericordioso, con la miseria che scomparve per sempre dal paese. Anche i due fratelli avevano compreso la lezione e Mino li scelse come primi ministri, che infatti operarono a lungo per la giustizia e la pace.
















[1] Primo esempio di discorso indiretto.
[2] Secondo esempio di discorso indiretto.
[3] Terzo esempio di discorso indiretto

11 commenti:

Maddalena ha detto...

Roberto, sei proprio una bella persona!

roberto bianchi ha detto...

grazie madda
mi fai immenso piacere e ti invio un bacione

roberto bianchi ha detto...

ma non leggete la mia favola?????
aprite il post vi prego!!!!!!!!
roby

Anonimo ha detto...

Ciao Roberto
non preoccuparti credo che il tuo post sia stato aperto e letto. Io stessa mi sono stampata la favola per leggermela con calma e l'ho trovata molto bella. E mi è piaciuta la morale. Appena capiterà la leggerò al mio bimbo.
Devo ammetterlo, non ho ben capito cosa intendevi con i diversi esempi, ma questo non è un problema...
Volevo chiederti però se questa favola era indirizzata ad una fascia d'età specifica.
Ed inoltre ho notato che utilizzi dei vocaboli molto ricercati e che sicuramente tantissimi bambini già comprendono, ma per quelli ed anche per i genitori che non gli conoscono, non sarebbe d'aiuto avere il significato?
Le mie sono osservazioni di mamma e anche di lettrice.
Complimenti e buon lavoro
Ely

roberto bianchi ha detto...

grazie carissima Ely.
Rispondo con entusiasmo alle tue domande: innanzitutto la fascia di età è piuttosto ampia, ma riguarda soprattuto il bambino in età scolare. Per quanto riguarda l'uso di certi termini, diciamo non troppo frequenti, è mia intenzione cercare di arricchire il vocabolario dei giovani, in quest'epoca della comunicazione in definitiva assai povero di termini... eppure abbiamo una lingua così bella! Gradisco molto il costruttivo commento che hai fatto e provvederò d'ora in avanti a corredare il testo con note esplicative e quindi ti ringrazio ulteriormente. Per quanto riguarda le frasi scritte in maiuscolo e i miei esempi, era solo una sottolineatura di quanto l'uso del discorso indiretto, durante la narrazione, che con il fanciullo del primo ciclo elementare è fatta dal genitore o dall'insegnante, si possa accentuare l'effetto e attrarre l'attenzione.
ti abbraccio
roby

Maddalena ha detto...

Anche io l'ho stampata perchè volevo meditarla con calma, solo che non ho ancota trovato l'incastro.

roberto bianchi ha detto...

Carissima Maddy,
ringrazio anche te per l'attenzione, spero di aver capito che chiedendo cosa è l'incastro tu ti riferisca al mio consiglio di usare i discorsi indiretti. Si tratta delle frasi scritte in maiuscoletto con le note, ma ho già avuto l'occasione di verificare attraverso i tuoi interventi che sei persona argutissima, nel caso tu abbia da farmi delle domande gradirei molto chiarire i punti nei quali, ahimè sono stato oscuro, puoi farlo con la mia email ho meglio qui sul blog,
un abbraccio
a presto
roby

Anonimo ha detto...

Svolazzavo tra le orchidee del tuo bel giardino e mi sono messa in ascolto della tua storia incantata.

La verità è che ho poco da dire: credo che scrivere favole per bambini sia un lavoro che richiede impegno ed un impegno anche piuttosto oneroso. E la morale che ne viene fuori, connessa con la storia che è stata in grado di tesserla, è degna soltanto di una persona integra e capace di pensare ai bambini con tanto amore.

roberto bianchi ha detto...

CARA TANIA MI HANNO RIEMPITO E COMMOSSO LE TUE PAROLE, NON MERITO TANTO, ANCHE SE UMILMENTE CI METTO TUTTO ME STESSO
ROBY

Maddalena ha detto...

Caro Roberto, l'incastro di cui parlavo era in termini di tempo: sono così soffocata dagli impegni familiari e lavorativi, che riesco a malapena a leggere il blog.

roberto bianchi ha detto...

carissima Maddy, scusa per l'incomprensione, comunque qualsiasi cosa sia poco chiara nella mia attività di scrivano fammela notare,
un bacio
roby

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