giovedì 8 novembre 2007

C'ERA UNA VOLTA LA FAVOLA

C'era una volta la favola
a cura di Roberto Bianchi


Rubrica dedicata alla potenzialità educativa della favola, con la speranza di regalare stille d'amore nell'umiltà dell'autore.

BUONGIORNO A TUTTI,
SONO ROBERTO BIANCHI, UN INSEGNANTE CHE DALL'ETA' DI SETTE ANNI SCRIVE FAVOLE CON IL SOGNO DI REGALARE CON UMILTA' QUALCHE GOCCIA D'AMORE ALL'ALTRO. SONO CONVINTO DELLA REALE POTENZIALITA' EDUCATIVA DELLA FIABA. L'ESSERE IN ETA' EVOLUTIVA, SPECIALMENTE IN QUESTA SOCIETA' MALATA, E' ALLA CONTINUA RICERCA DI UN MODELLO DA EMULARE CHE NON PUO' TROVARE DI FRONTE ALLA TV O NEGLI ALTRI MASS MEDIA POCO EDIFICANTI DI OGGI GIORNO. Attraverso il sapere trasmesso oralmente dai tempi dei tempi, con favole e leggende, una volta si aiutava i piccoli a crescere, mentre nell'epoca odierna si preferiscono violenza, sesso e guerre. Io sono un utopista e ho tanta fiducia in coloro che amana la pace, la fratellanza e l'amore. La favola parla continuamente di continua lotta tra bene e male, con il bene che viene sempre ripagato. Del resto quale gioia più bella esiste del sentirsi soddisfatti per aver compiuto un atto positivo?
Il discorso spero si farà più lungo. Vorrei avere vostri commenti e poter pubblicare alcuni miei lavori. Gli argomenti sono i più disparati, ho anche nel cassetto un saggio sulla favole con diverse soluzion nei vari momenti di crescita.
Il progetto è quello di mostrare una favola ogni due settimane, con sondaggi e richiesta d'intervento: Siete una famiglia magnifica e ringrazio tutti!

21 commenti:

Maddalena ha detto...

Sono molto contenta e interssata a questa rubrica per vari motivi: ho due bambini in età da favola; ho sempre pensato quello che sostieni tu: l'utilità educativa della favola; ho provato anche io a scriverne e non mi sono piaciuta; aspetto di leggere le tue.

roberto bianchi ha detto...

Presto la grande "Capa" mi permetterà di pubblicare via via favole, tutte con argomento pedagogico e nelle quali conto molto. Spero che ti piaceranno. Perché non mi mandi al mio indirizzo una tua favola; sono curioso(roberto.bianchi01@alice.it)?.
Puoi anche farmi qualche domanda riguardo al tipo di argomento che ti interessa e nella mia umiltà vedrò di rendermi utile. Buon proseguimento. Come si chiamano i tuoi virgulti?
roberto bianchi

Anonimo ha detto...

Io ho provato a scriverne una... l'ho finita di pubblicare un po' di giorni fà sul mio blog. Ma mi sono accorta che, forse più di un romanzo, è davvero difficile tenere i giusti toni, affrontare le giuste tematiche, proporre una giusta morale... così credo di essere approdata a niente più che a un racconto infantile per adulti.

Aspetto anche io di leggere le tue.

roberto bianchi ha detto...

Vorrei ricevere anche da te il regalo di avere la favola personalmente. Come consiglio posso dire che ognuno ha da regalare positività attraverso il racconto. Se si indirizza il messaggio soprattutto all'essere in età evolutiva occorre certo fare attenzione a certe metodologie, come pensare agli stimoli buoni e quelli cattivi. Le favole possono comunque essere utili secondo i più esimi studiosi anche per l'adulto, basta scegliere sin dall'inizio la destinazione alla quale è rivolta la fiaba e farsi una falsa riga da seguire. In genere si parte dallo schema di Propp, da lì vengono un sacco di idee. Ovvero si immagina un eroe, gli si pongono dei problemi magici da affrontare, poi deve trionfare il bene sul male. Tuttavia la strada è aperta a tutti e anzi meno schemi si seguono e più si rende originale la fiaba. Soprattutto consiglio sia utile colorare con qualche bella descrizione, pensare a creare sobriamente un'atmosfera ma senza appesantire, ovvero i personaggi devono essere creati dandogli un corpo ma non troppo evidente, affinché le fantasie possano volare. A presto, grazie e scrivimi...

Anonimo ha detto...

Conosco bene lo schema di Propp... mi è tornato utile in alcune analisi semiotiche che ho dovuto fare all'auniversità.

Credo di avere dei problemi con la posta elettronica. Il prima possibile proverò ad inviarlo. Nel frattempo ti invito a dargli un'occhiata sul blog (http://farfallefatinefolletti.splinder.com ): "La bimba di caramella" è titolo.

A presto. E scusa per l'inconveniente.

roberto bianchi ha detto...

Grazie, vado avedere ma ci tengo ad averla al mio indirizzo perché così me la studio con comodo!
Bellissime per conoscere il mistero della favola sono quelle della professoressa Alba Marchioli, dotta psicologa, che si torvano in ogni biblioteca Mondadori... comunque aspetta le mie...
Un abbraccio
Roby

roberto bianchi ha detto...

Cara Tania complimenti per le belle pagine che hai messo sul sito. Mi ci vuole almeno un giorno per studiare bene la tua bella favola che a prima vista è carina ma un po' ostica per un piccolo, magari è rivolta a quella parte dell'adulto che giustamente è ancora capace di avere un cuore puro.
un abbraccio
roby

Maddalena ha detto...

Grazie, che gentile! Devo dire che mi vergogno molto, vedrò se riesco a superare questa fifa. Comunque già "le dritte" che hai dato a Tania, mi serviranno per rivederle. Io però non so chi è Propp, mi puoi illuminare un pò di più. I miei pupi si chiamano Michele e Francesca. Ciao a presto.

Naima ha detto...

non raccontare le favole ai bambini è togliere loro un pezzo di fantasia!! grazie!

roberto bianchi ha detto...

Benvenuta a Naima, un abbraccio a Michele e Francesca(che bei nomi per i figli di Maddalena!!).
Ho letto la favola di Tania e ritengo possa aprire una bella serie d'interventi, pertanto la prego di riassumerla un po' e di inserirla in questi commenti perché ne vale davvero la pena. Ci sono diversi spunti che ci aiuteranno a capire il ruolo della favola. Bellissime le parole di Naima che dovrebbero diventare il motto di noi educatori. Sono sicuro che anche Maddalena avrà creato una favola importante(siete più brave dei narratori) pertanto invito anche lei a pubblicare qui la sua creazione.
Propp è ai capisaldi dello studio del folklore e dell'etnia dell'europa del nord. Visse alla fine dell'Ottocento e ogni studioso di sociologia e antropologia ha sicuramente goduto all'università dei suoi fantastici trattati su fiabe, favole, leggende usi e costumi, possibilità educativa della narrazione. Le fiabe russe hanno poi una tradizione particolare e non si può rinunciare a una lettura integrale di Afanasiev che consiglio vivamente.
Una splendida giornata a tutti!!!!

Diomira Pizzamiglio ha detto...

Benvenuto Roberto, aspetto le tue fiabe.....perchè non si smetta mai di essere bambini.

Maria Cristina Campagna ha detto...

Sono molto curiosa di leggere le tue fiabe. io ho una bimba a cui piace molto ascoltare letture di fiabe. Da come spieghi la tua sembra quasi una crociata rivolta all'amore e ci metti tanta passione. Sara un piacere leggerti.

roberto bianchi ha detto...

Grazie di cuore anche a Diomira, mia pigmaliona. Per quanto riguarda le favole avevo deciso di porre sul blog una saga riferita a due nanetti, poi invece mi avete preso il cuore ed è nata una serie di favole sui fiori, a cominciare proprio dalla rosa scritta apposta per voi... sono convinto che argomenti pedagogici e le riflessioni saranno abbondanti... ma dobbiamo aspettare 15 giorni per far in modo che il blog sia come speriamo nutrito di contatti!

roberto bianchi ha detto...

Un abbraccio a Maria Cristina e alla sua fanciulla. Io ci metto tutto l'amore e l'entusiasmo che posso, credo sia irrinunciabile la passione in questo tipo di attività.
Se vuoi vedere una mia favola in anteprima, puoi andare sulla mia pagina cliccando su bianchi roberto e poi su blog"c'era una volta la favola" lì, dopo il commento che qui hai già letto c'è un prologo e una prima favola che avevo deciso di proporre, poi invece, essendo io (umilmente) parecchio eclettico, sono nate nuove fiabe ispirate ai fiori che tanto si addicono al gentil sesso e al titolo di queste pagine: Rosa Stanton

Anonimo ha detto...

Roberto, benvenuto fra noi. Sono contenta di averti qui. Vedo che hai già ottenuto un bel successo. Grazie per le tue favole!

roberto bianchi ha detto...

Cara Patrizia sono fiero e orgoglioso di essere parte dela "nostra" bella famiglia. Sogno di poter regalare un mezzo comunicativo nuovo per ogni mamma, o babbo, che voglia trasmettere parte intima di sé al proprio piccolo. Ho già creato l'avvio della serie di favole che dovremo pubblicare in queste pagine, intanto ringrazio la slendida Tania per le cose stupende che sa scrivere

Anonimo ha detto...

Io lo anticipo... non vogliatemene! Sarà lunghissimo il commento in cui inserirò il racconto... autorizzo i gestori del blog a cancellarlo :P

Magari a copiarlo e a farne un ulteriore sintesi: essendo la sua "mamma", ho un occhio di riguardo affinchè non si sciupi ;)

Buona lettura.

Anonimo ha detto...

Così ieri sera, tardi tardi, una bimba tornava a casa. Aveva con sé un piccolo panierino con dentro le sue caramelle colorate. Le servivano perché di tanto in tanto la bimba diventava molto cattiva. Quando era piccina, nella culla della mamma, la sorellina che sino ad allora era stata la più coccolata della casa, invidiosa dei suoi occhioni dolci e della sua pelle rosa, guardandola dormire così beatamente, si augurò che questa da grande diventasse molto cattiva. Ora si sa che quando sono piccini picciò, i bimbi si comportano come spugne in una bacinella d’acqua: assorbono tutto quanto è loro intorno. Ma che ci si aspettasse davvero che quel piccolo fiore divenisse una bimba cattiva, no... si può dire che proprio nessuno se lo aspettasse. Così in famiglia quasi nessuno prestò attenzione alle malvagie previsioni della sorellina invidiosa.
Capitò dunque che l’aria, viziata dall’invidia della sorellina, finì per davvero per influenzare le disposizioni d’animo della bimbetta appena nata. Ma come si è già detto, quasi nessuno prestò attenzione all’animo inquieto della fanciullina che cominciava a far le bizze. Quasi nessuno della famiglia vuol dire che in fondo in fondo qualcuno vi fu che notò il fattaccio misterioso. Si trattava della vecchia nonnona bisbetica che rammentava di continuo di come la sua sorella gemella l’avesse ricoperta di calunnie e che se oggi si ritrovava con questa fama di donna bisbetica era solo per colpa di quella e dei suoi continui ma vani tentativi di spiegare come stavan davvero le cose. Quale fu la fine della calunniosa sorella, non desti pruriginoso interesse.
Poiché i puntigli della vecchia nonnona bisbetica vennero scambiati per capricci e lei fu relegata in quel angolo della casa, appena sotto la sua “coda”, da dove continuava a blaterare, blaterare, blaterare… ma nessuno della famiglia avrebbe potuto sentirla.
Non ci si meravigli invece se questa storia suoni un po’ stonata perché se non lo fosse già di suo un po’ bizzarra, non si avrebbe neppure il modo di comprendere come mai fosse una bimba e non già una ragazzina a camminare verso la via di casa, lesta lesta e tutta sola. Poiché quella bimba di cui si racconta, al momento in cui tornava a casa… aveva appena cinque anni, cinque. Come una mano.
Come si è già detto la sorellina invidiava di lei la candida pelle e i suoi grandi occhi dolci. E in effetti era una bimba di una grazia senza pari. E la rabbia diventava tanto più dispettosa ed irritante quando la sorellina si accorgeva che la bimbetta che dormiva placida, infondeva in tutta la casa un’armonia e un’atmosfera di soffusa apprensione che lei e il suo irreprensibile chiacchiericcio finivano sempre per essere messi in punizione. Si era ormai persuasa dell’idea che la sua graziosa sorellina attirasse maggiore attenzione e godesse delle più dolci premure solo con il suo infantile silenzio, rispetto alla scarsa attenzione che le era riservata e alle paternalistiche premure di cui invece era unica destinataria, quando deponeva in giro per casa quei selvaggi urletti che la contraddistinguevano. Non c’era forse in un’altra famiglia così tanta disuguaglianza tra sorelle come in quella: la bimbetta era candida e graziosa e cresceva dolce ed educata; la sorellina invece si distingueva per furbizia e per irrequietezza, ed era selvaggia persino nell’aspetto.
Quello che non si è ancora detto è che l’invidia della sorellina era tanto più temibile quanto in lei cominciavano a delinearsi con maggiori dettagli una predisposizione naturale per le arti e anche questa sarebbe stata certamente una notevole qualità se non si fosse trattato niente poco di meno che… di arti magiche!
Nessuno della famiglia e finanche del paese avrebbe mai osato, neppure negli incubi più biechi, immaginare di quali incoerenze sarebbe stata capace quella dolce fanciulla dormiente.
Ora pare proprio che questa lunga storia abbia maturato un nuovo personaggio.
un signore grasso grasso o più che grasso panciuto. Si trattava di una ponderata differenza che gli abitanti del paese avevan fatto risalire a una leggenda.
Ebbene, si raccontava che una mamma, arrabbiata perché il figlio mangiasse troppo e ad ogni ora del giorno e della notte, fu costretta a raccontargli che i signori grassi grassi fossero cattivi e mangiassero i bambini. Perché gli raccontò una simile stravaganza non si sa, tuttavia si presuppone che la mamma sperò in un pensiero lungimirante del suo figliolo grasso grasso e giacché fosse lui stesso un bimbo, che avrebbe provato ribrezzo per ciò che da grande avrebbe fatto e smesso quindi di mangiare. Ma poiché il bimbo oltre ad essere grasso grasso era anche furbo furbo, guardando la sua mamma in stato interessante le chiese come mai portasse quel pancione e si capirà che quando la mamma gli rispose che lì dentro c’era un bimbo, “sì sì proprio così, un fratellino!”, quel bambino si allarmò enormemente e credette che anche la sua mamma fosse della specie grassa grassa e mangia bimbi. Così quella povera donna dovette anche inventarsi che la pancia fosse invece per i buoni i quali più che i bimbi è come se mangiassero tanto pane e simpatia.
Pare dunque che la “leggenda”, sorda ad ogni avvisaglia di logica e raziocinio, avvalorò l’idea che quell’uomo, il “signor maestro” giacché l’unico insegnante di quel borgo di campagna era lui, fosse un uomo buono perché molto ma molto panciuto. Ma a dispetto delle voci sulla sua simpatica disponibilità, al signor maestro piaceva starsene in disparte, sempre solo col suo pancione e il suo panciotto che indossava sempre ed immancabilmente in colori fervidi e sgargianti per cui se anche non si fosse voluto notare le dimensioni della pancia, quei panciotti appariscenti erano lì a ricordarla.
Ad ogni modo il signor maestro e gli omaccioni si riunivano ogni sera per giocare a poker nella camera da pranzo ed essendo questa una prassi che bandisce il chiacchiericcio, il signor maestro era anche salvo da qualsivoglia obbligo di cortesia, ragion per cui le suddette adunanze per un verso non violavano il riserbo comprovato di quell’uomo e per l’altro fanno salva inevitabilmente la coerenza del racconto!
Ma se la prassi vuole che degli irreprensibili giocatori d’azzardo non parlino tra loro quanto piuttosto bluffino come scimmie a gesti e smorfie, in quella casa nemmeno i mimi si davan poi tanto da fare poiché nessuno, né il signor maestro né gli altri omaccioni, aveva un interesse vero vero per bluffare. Infatti i familiari, e non tanto quelli del maestro poiché tutti lo sapevano “orfano di nascita”, ma certamente i familiari di quella ressa d’omaccioni, parlavano tutti di una mal celata apprensione per quel denaro che si sperperava “di giorno in giorno in simili sciocchezze!” Così decisero che fosse molto meglio se quelli continuassero a giocare per il solo gusto di giocare e che le puntate, anziché contare i loro miseri denari, avrebbero contato delle caramelle. Ma per ogni mal pensante, si precisi sin da subito che si tratta per davvero di caramelle colorate, di quelle dolci dolci e pure un po’ gommose, e non già di un espediente cui ricorrere per rivestire di una veste favolosa quale non ci si aspetta l’abbiano, delle fish da gioco colorare.
Dunque, ricapitolando, il signor maestro e gli omaccioni suoi compagni non erano altro che… degli smidollati giocatori di caramelle d’azzardo!
Capitò, dunque, per una serie fortuita d’eventi e non già perché il signor maestro fosse un vero e proprio asso del poker rispetto ai suoi compagni, che questi vinse più degli altri e per un tempo lungo giorni e ancora giorni!
il signor maestro che mai si sarebbe abituato a tutte quelle caramelle, le lasciava in vasi pieni pieni fino all’orlo nei punti più impensati della stanza. Così quando quello coi suoi compagni stava attorno al tavolo da pranzo con un ventaglio di picche, fiori, cuori e quadri tra le mani, v’era sempre qualche torre, color arcobaleno, che faceva furbamente capolino tra l’uno e gli altri giocatori.
Difficile sarà per un così nobile ed affettato raccontino, persistere nell’intento di chiamar bimba quella di cui si parlerà. Perché capitava che se solo la sorella lo volesse, con un semplice schiocco delle dita, quella sarebbe diventata la più perfida e spietata creatura mai esistita.
Così ogni mattina quella povera creatura si trasformava già nel suo lettino poiché v’era la sorella che, invidiosa in pieno sonno, la immaginava atroce in tutti i segni della sua bestialità. E la creatura iniziava in vero ad agitarsi nel lettino, come un malato fa quando accusa forti fitte in pieno petto o al basso ventre. Era grondante di un sudore nauseabondo, come se quella fosse infetta da una malattia tanto grave da liquefarsi nel suo corpo incandescente e quindi stillare da ogni liquido che i corpi son capaci di secernere. Dapprima si voltava a destra e poi a sinistra ininterrottamente; poi di quando in quando sbatteva i piedi forte forte su quel letto, al punto tale da sentir le molle risuonare in echi ripetuti, vibranti e spaventosi; fin quando uno di quegli spasmi, il più furioso e il più violento, non l’avrebbe messa a sedere a centro letto e la creatura, come da un brutto sogno, si sarebbe svegliata aprendo gli occhi.
Ma da sveglia, si creda a questo, il suo aspetto non trovava nemmeno lontanamente ristoro nel mondo reale come quello di chi sogna mostri e malvagità raccapriccianti e una volta sveglio, dopo qualche affanno, sorride nuovamente per il pericolo scampato: quella creatura, povera lei, continuava a grondar di sudore e a gonfiarsi tanto in viso da sembrare rossa o paonazza addirittura. Al mattino, in cucina, capitava sempre che ella facesse delle smorfie alla sua mamma tanto brutte e impressionanti che quella, per ribrezzo, tremava prima forte forte e poi si irrigidiva e buttava in terra la sua zuppa di latte coi biscotti. Ma la disperazione vera e propria arrivava, con urla di sgomento, quando quella dalla sedia su cui stava accovacciata come un gatto selvatico, si scagliava in terra a leccare cocci e latte insieme. E così, per tutto il giorno e con la lingua tagliuzzata a rigare i lati della bocca di un sangue nero nero ed incrostato, proseguiva camminando a quattro zampe per la casa, quasi fosse una scimmia per davvero.
Non v’è da ribadire l’orrore e la pietà che si stringevano a braccetto nello sguardo della mamma e nemmeno quanta dolcezza infondesse la soavità che quella metteva in ogni suo gesto, nel tentativo di rizzarla. Le carezzava i capelli con la stessa premura con la quale una mamma alimenta la sua mano e con questa il pettine col quale esegue la toilette di una figlia ancora piccola. Eppure vi sarebbe mai stato qualcuno pronto a spergiurare che quei gesti, dal di fuori, non paressero soltanto amorevoli carezze tra un padrone e la sua bestiola? Certamente no. Ed era una pietosa verità. A ragione poi che la sua creatura reagisse anche alla maniera di una bestiola rantolante: certo, non si sarebbe potuto dire che ella abbaiasse ma che guaisse infastidita o che ringhiasse a denti stretti, questo sì. E alle premure della mamma e alle dolci parole che accompagnavano i suoi gesti, quella bestiola rispondeva imprecandole contro e augurandole vivamente di far una brutta fine. Parrà a tutti evidente che dinanzi a simili scenari, se non ancora più cruenti e più blasfemi, crolla il fondamento dell’atavica famiglia.
Capitò dunque che l’unica idea ad essere così impertinente da poter sostenere un degno faccia a faccia con la perfidia di quella malvagia creaturina, fosse proprio quella della nonnona bisbetica. A spingere perché le si desse il meritato credito, v’erano gli esiti che l’espediente avrebbe ottenuto, certi ed evidenti al punto tale da dirsi quindi impertinenti.
Si dica per inteso che se anche le favole non mettono su castelli di metafore, esse tuttavia – lo si è capito - sono assai paradossali. Così sia evidente anche che delle dolci caramelle colorate, dolci lo sono a tal punto da pervadere chi le mangi, ‘sì da renderlo amabile ed aggraziato.
Serviva in definitiva una persona come il signor maestro che il caso volle, conservasse pile e pile di caramelle colorate, non sapesse cosa farsene e soprattutto che, per quanto solitario era, non vi fosse neanche il pericolo che andasse a raccontar in giro fatti riguardanti la sua persona solitaria.
Il signor maestro, ovviamente, acconsentì come son soliti fare i gentiluomini nelle circostanze che richiedono generosità e comprensione.
Cosi, mentre ogni bambina al pomeriggio si vede chiusa in casa dall’obbligo indigesto dei compitini per la scuola, alla mostruosa bimbetta veniva invece chiesto di fare sempre una passeggiata all’aria aperta, perché pareva che l’aria a lei facesse proprio tanto bene.
Per cui quei pomeriggi passati all’aria aperta divennero, a parere di tutti, dei pomeriggi spesi ad andare in casa di un maestro che insegnava pazientemente alla bimbetta l’aritmetica e la geometria.
Siamo quindi giunti al termine di questa lunga storia. Intanto ci si congratuli con la mamma ed il papà dell’amorevole bestiola poiché pare che il loro espediente abbia avuto esattamente gli esiti da loro attesi. Chiaramente, non ci si congratulerà con la nonnona bisbetica, non già perché si vuole persistere nel relegarla in quell’angolo della casa in cui si è fatta la sua conoscenza, all’inizio di questo racconto; ma piuttosto perché occorre dire che in quell’angolo, di quella casa sorniona, la nonnona vi rimase ma morta, sebbene sorniona anch’essa. La gioia fu tale che il cuore di quella donna venne stretto nella morsa di un impavido infarto. Tuttavia la fugacità con cui l’attacco al cuore venne sferzato, non le diede nemmeno il modo di soffrire e anzi rimase con un sorriso così convincente sul volto che gli altri faticarono a credere che quella fosse morta per davvero, quando si accorsero che s’era ormai tutta intirizzita e toccandola col dito, quella cadde di lato così come se stesse ancora seduta sulla sedia. A suggellare il momento di enfasi e contentezza, la famigliola decise allora di fare della nonnona bisbetica la mascotte della bimbetta in quella sua personale sfida contro se stessa: la bell’idea fu quella di impagliare la nonnona così come ella stava, seduta sulla sedia, e di metterla in quell’angolo della casa, sorniona come un barbagianni!
Quanto alla bimbetta invidiata a mangiar tutte quelle caramelle, finì per davvero per addolcire il suo animo; ma non solo. Quella bimba acquisì una dolcezza tale qual è capace di fregiarsene l’innocenza di un bambino appena nato. Ma come nel tempo, i fanciulli crescendo, si diradano i gruppi dei complimentosi bisbigli e le adunanze dei carezzevoli sorrisi intorno alle culle; viceversa la bambina fu sempre in grado di attirare le carezze e i saluti come il nettare le api.
Vedendola, i sorrisi dei grandi si facevan lieti come quelli dei bimbi poiché a giurare che quella lì sembrasse… una caramella, sul serio, non si diceva nulla che si allontanasse poi così tanto dalla strada del vero: paffuta e rosa sulle fragole dei guanciotti; bionda in due chignon di zucchero filato sulla testa. Da allora in avanti, mentre la bimbetta cresceva sempre più, gonfiandosi come un enorme e dolce marshmallow, lievitando come morbidi panetti, la sorellina invidiosa restava piccola e rachitica. Girovagava per la casa, a passettini veloci, nervosamente, con un broncio livido sulle labbra. Aveva il capo chino e il mento sul collo, una contrazione a forma di V sopra gli occhi e questi ultimi che spingevano a destra e a sinistra, curiosi ma orgogliosi, facendosi scudo di una fronte che diveniva sempre più scura e che per questo adombrava tutto il viso.
Ora sì, si è giunti al termine di questo racconto e, sì, si può anche dire che visser tutti o quasi… felici e contenti!

roberto bianchi ha detto...

chiedo a tutti i partecipanti al blog d'intervenire riguardo allo scritto di tania che come si vedrà è lungo ma vergato con molta cura e attenzione. In questo caso i destinatari sono soprattutto gli adulti e le idee che nasceranno sono molteplici.
grazie e buona domenica

Anonimo ha detto...

Ciao Roberto
mi piace e trovo molto interessante la tua rubrica.
Io col mio bimbo ho usato spesso adattare le sue paure ad un racconto come se lui stesso potesse guardarsi allo specchio.
Ricordo che quando aveva 3 anni restava ad ascoltarmi a bocca aperta e nell'immedesimarsi trovava lui stesso una soluzione.
Ora che ne ha 5 e mezzo questa tecnica non funziona più perchè ne ha ben capito il meccanismo.
E quando gli racconto qualcosa di inventato alla fine lui partecipa attivamente e trasformiamo il tutto in un bel gioco di fantasia.
Anche perchè in effetti ora che è più grandicello di certe cose ne possiamo parlare un pò più apertamente.
Ma quando c'è bisogno gli compro alcuni libri dai quali si possa trarre lo spunto per dei buoni insegnamenti o per affrontare argomenti particolari: vedi buona educazione, pulizia, alimentazione, rapporti con gli altri, ecc.
Comunque sono curiosa ed andrò a leggere i tuoi racconti.
Ely

roberto bianchi ha detto...

Cara Ely, ti accolgo a braccia aperte tra i partecipanti a questo blog e colgo l'occasione per lodare i tuoi intenti, peraltro molto azzeccati. Io ho nel cassetto una specie di manualetto da me creato, per aiutare i genitori che cercano nelle favole una guida per superare problemi come le paure(normalissime dell'età evolutiva), purtroppo sono in cerca di editore ma la carta stampata in questo momento vuole soprattutto horror, trhyller e sesso.
Noi di questo blog però creeremo un gruppo a parte: ...parecchio magico!!!!

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