sabato 26 maggio 2007

Tette.



Bogotà è una città bellissima, come una persona cara della quale arrivi a conoscere difetti e malcelate bruttezze interiori, ma la ami ugualmente. Certo, quello che ha significato per noi, può non essere comprensibile ad altri, ma si può anche vederla soltanto come una delle grandi capitali del mondo. Si trova a quasi 2.7000 metri sul livello del mare, nella savana: quando tornate in Italia con i bambini non fategli fare subito analisi del sangue, alla nostra latitudine sembrerebbero molto malati.
Nel corso degli anni ha cambiato nome mille volte. L’ultima volta nel 2000, Bogotà D.C.. D.C. vuol dire Capitale di Distretto, ma distric è la traduzione di barrio. In origine si chiamava Bacatá, in lingua chibcha, indica un tipo di agricoltura praticata dagli indigeni Chibcha o Muisca, che vivevano felici e contenti prima dell’arrivo degli spagnoli. Loro la chiamarono Santa Fe, e visitando certi quartieri ci sembrava di essere entrati in un telefilm di Zorro. Non ho avuto tempo per vedere se c'era anche Antonio Banderas. La città è suddivisa in Calle, corrispondenti come a New York alle street, east-west direction e Carrera street, north-south direction. Poi ci sono Plazas e Avenida. La Avenida Chile sulla 72 street, è uno dei posti più importanti per il business in città.
Alla Candelaria, Calle 7 Avenida Jimenez incrocio Carrera 15, il quartiere che conserva le case coloniali come musei (e sono davvero bellissime e ben conservate) ci sono le chiese di Candelaria, San Ignacio e Nuestra Señora del Carmen, i negozi di smeraldi, il Museo del Oro.
- Hay gente loca, - ci eravamo proprio in mezzo quando la mia figlia grande aggrappandosi alla mia mano ha detto così. Non mi piace questa gente: ci siamo guardate negli occhi e lei era come se non li avesse più. Solo nero fisso, quasi uno specchio. Allora mi sono avvicinata al suo orecchio: Qualquier cosa te asuste? No te preocupe, estoy aqui.
Non sapeva rispondermi altro che tengo miedo, ho paura.
Ho capito che in quel posto ci aveva vissuto e che temeva di incontrare qualcuno che non avrebbe dovuto e voluto incontrare. Non so chi, non so perché. O meglio lo immaginavo e lo temevo anche io. Ma il gruppo che ci accompagnava non capiva la situazione. Dopo un giro veloce en La Plaza De Bolivar davanti al Palazzo del Tribunale e fatta una foto ricordo, siamo tornati rapidissimi al parcheggio e partiti alla volta del nostro albergo.
(..)
Bogotà è davvero enorme e divisa in zone che corrispondono non soltanto alle attività preminenti, ma anche alle classi sociale. La Zona T e la Zona Rosa sono quelle dello shopping e della vita culturale e notturna, dei locali da ballo e dei ristoranti più eccentrici. La Zona 6 è quella dei più ricchi e quella più tranquilla sotto il profilo della sicurezza. Ma noi in zona 6 abbiamo incontrato un barbone che faceva il bagno nel fiume. Lui era completamente nudo e le bambine non smettevano di indicare e l’acqua del fiume trasportava schiuma bianca che formava piccoli cumuli che sembravano ovatta. Il Rio di Bogotà presenta un livello di inquinamento tra i più alti del mondo. Abbiamo fatto shopping in centri commerciali grandi quando un paese di mille abitanti, e mangiato pollo, crepes fantastiche e gelati sublimi.
La prima volta che abbiamo mangiato un gelato da Crepes&Waffeln eravamo tutti sporchi, tutti nel senso che lo eravamo anche noi genitori e loro ed il passeggino, completamente.
Così quando siamo tornati in albergo ci siamo fatti tutti il bagno, dando la precedenza alla Fanny, la più grande.

Ma come succede nelle migliori famiglie, la cacca di Aleja aveva straripato, quindi la cosa più urgente era rimediare a quello.

Fanny mi osservava mentre spogliavo la sorella, che mi sembrava proprio un cucciolo di uomo e aveva due occhi neri a fessura che me la facevano sembrare un po’ giapponese quando rideva. Non è che la cacca dei figli non puzza, è solo che dopo un poco te ne dimentichi che puzza.

Fanny mi osservava, mi passò il tubetto di crema e raccolse il pannolino sporco anche se io non volevo che lo toccasse. Quando la sorella andò a farsi ammirare dal padre, Fanny montò sul ripiano del lavandino che usavo come fasciatoio e mi chiese con un filo di voce se volevo cambiare il pannolino anche a lei. Mi trattenni dal dirle che lei non lo portava più da anni e ridendo le dissi invece che ci sarebbe voluta molta abilità a chiuderlo, perchè avevo solo pannolini adatti a bambini molto piccoli. Facemmo la cosa e lei si mostrò molto soddisfatta, ma si aspettava ancora tutte le coccole e le paroline dolci che avevo riversato su Aleja poco prima. Mi sforzai di trovare parole anche per lei, cercai quelle che le avrei detto se fosse stata davvero piccola e cucciola.
Poi con un filo di voce e le guance leggermente arrossate, mi chiese se potevo allattarla. Io che pensavo di essere scampata all’allattamento, me lo ritrovavo davanti.

Ero ancora vestita e non sapevo se spogliarmi o no: se non l’ hai mai fatto sembra che non sai proprio farlo. Ma le mi tastò la tetta con la mano un paio di volte, giusto per capirne la consistenza e poi da sopra la cannotta appoggiò appena le labbra dischiuse sul mio capezzolo.
Tanto bastò, secondi, minuti o solo frazioni di secondo, non so dirlo.
Appena lo ebbe fatto il suo sguardo cambiò e si porto la mano al pannolino, facendomi capire che si stava chiedendo che cazzo ci faccio con il pannolino addosso. Ridemmo entrambe e la aiutai a levarlo.
Poi si fece la doccia, io le ero accanto e le passavo il sapone. Poi le lavai i capelli. La strofinai con gli asciugamani, la rivestii, infine per l’asciugatura dei capelli passò sotto il padre, che si era inventato parrucchiere.

7 commenti:

KatiaC ha detto...

Tu DEVI scrivere un libro

Anna Grazia Giannuzzi ha detto...

Dovere devo solo morire, purtroppo, nel frattempo cerco di fare più danni possibile!
Grazie, però, davvero. E se c'è un editore in ascolto si faccia avanti, potrei anche prenderlo in considerazione, purchè possa sempre continuare a scrivere quello che voglio e quando voglio.
Un bacione!
AnnaG
p.s.: e pensare che fuori piove come se fosse novembre.....

Naima ha detto...

adottare un bambino è un atto di amore immenso!!

Anonimo ha detto...

Ho ancora la pelle d'oca...
Scrivi delle cose che ti bloccano il respiro nel petto.
L'episodio che hai raccontato ha un so che di fantastico. Credo che tu abbia provato un'emozione immensa. E credo che la tua figlia più grande non potesse trovare il modo più dolce e naturale per adottarti come mamma.
Dolcezza, amore e tanto altro traspirano dal tuo racconto. Senza dimenticare la tua accurata descrizione dei luoghi. Mi sento passeggera nel tuo viaggio...
Sei davvero molto brava. Complimenti sinceri
Ely

Anonimo ha detto...

Si vede e si sente che in quello che scrivi c'è tanto amore. Sei splendida. Complimenti.
Un bacio
M. Cristina

Anonimo ha detto...

Quando una donna riesce ad esprimere la sua "femminità" senza scivolare nel sentimentalismo stucchevole e sdolcinato,diventa un bell'esempio di scrittura intelligente per tutti.

IleniaF ha detto...

Il tuo racconto è davvero bello.
Riesci ad emozionare con le tue parole.
Credo che certi comportamenti vengano spontanei, essere madre penso sia qualcosa che si ha dentro, quindi tutto ciò che sia collegato ad esso viene naturale quando sappiamo amare e tu lo dimostri in maniera forte e convinta in quello che scrivi!
Brava, davvero.

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