martedì 1 maggio 2007

UN'ALTRA ALBA


Massimo? Ciao sono io, sono sul treno... sarò a casa fra un’ora...”
“Ok, va bene!”
“No, veramente non è andata bene...”
“Sì, sì, va bene. Mi racconti a casa ... Accidenti, lo sai che non posso stare al telefono, sono al lavoro!”
“Uauh che solidarietà!” Perché Massimo, suo marito, era così stitico di premure?
“Perfettamente d’accordo che se ne può parlare a quattrocchi senza spendere soldi in telefonate, però un – mi dispiace, non prendertela – sarebbe costato tanto lo stesso e mi avrebbe alleggerito il cuore”
Il telefono aveva appena smesso di squillare ma lei non aveva risposto, non ne aveva voglia. Dopo una breve pausa ricominciò, insistente. Così insistente poteva essere solo sua madre e lei proprio non aveva voglia di sentirla. Non ne aveva voglia, ma il telefono martellava e allora rispose.
“Sophie, Cara, ma dov’eri? Allora, come é andata ieri? Ti hanno preso?
Una lacrima le scivolò sul viso, ripensando a tutto quello che era accaduto, ma tenne duro e disse:
-”Mi faranno sapere.”
Una breve pausa, poi riprese:
-“Non credo sia andata. No! Ma non fa niente, vedrai mamma, la prossima volta andrà meglio.”
-“Mi dispiace. Dai non ci pensare, da una parte è meglio così, pensa ad Andrea, alla casa, a Massimo. Secondo me non è destino. Venite a cena stasera?”
-“No! Ho delle cose da sistemare. Un'altra volta. Ciao.”
“Roba da pazzi, ne ho le palle piene del destino scritto dagli altri. E poi ho delle cose da sistemare!”
Certo, tutti quei fogli che erano volati per aria insieme a lei e a quel tipo. Che vergogna, che umiliazione!!! “Vabbhe, tanto a quanto pare nessuno se n’è accorto, a parte la mia chiappa destra...”
Nella borsa c’era un biglietto accartocciato, lo aprì per controllare se poteva cestinarlo. Era tutto logoro e ingiallito, c’era scritto qualcosa a penna, ma di certo non l’aveva scritto lei, non era la sua calligrafia.
“Ci sono momenti della nostra vita in cui ci si ferma di fronte ad un bivio. La vita rimarrà così, ferma, immobile finché con coraggio non si affronteranno le paure e col cuore in mano non si sceglierà una via da percorrere, umilmente.”
Si girava e rigirava quel biglietto, domandandosi perché il destino la punzecchiasse. “Perché quel biglietto s’é infilato nella borsetta”. L’unica cosa certa è che sembrava scritto proprio per lei.
Era un invito a riflettere.
Già, proprio buffo. Si era ritrovata con qualcosa in più da sistemare. Non bastava la brutta figura, i curriculum da ristampare e il livido sul sedere. “Ma guarda un po’ cosa mi son presa la briga di portare a casa, mi mancava solo una riflessione filosofica.”
Sophie stava attraversando un periodo difficile, ma nonostante ciò la vita continuava a scorrere e col suo mutare passava da una stagione all'altra, da una lavatrice all’altra, da una riunione a scuola alla spesa. Aprì la finestra respirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino. Era Maggio e amava alzarsi presto per vivere fin dal principio l'inizio di un nuovo giorno. E poi poter chiacchierare con Massimo qualche minuto, un attimo di intimità rubato al caos quotidiano. Insieme assaporavano l’aroma caldo del caffè. Insieme.
Si gustavano il risveglio, insieme.
Intimamente insieme, davanti alla moka gorgogliante aspettavano e si gustavano il profumo corroborante di quell’amara forza.
E poi quella carezza piena di voglia di aversi ancora.
Piena e calda, proprio come quel caffè.
Quella carezza che accompagnava il bacio del buon giorno e che dava respiro al mattino.
Come due bimbi appena svegli si sbirciavano assonnati. Con la tenerezza degli amanti si abbracciavano e restavano stretti a coccolarsi e poi e si raccontavano il giorno che sarebbe venuto.
Quello non era lo stesso Massimo freddo e frettoloso che ritrovava al telefono e Sophie non era la donna disperata, insicura e in balia del destino.
Il mattino, o meglio il risveglio era l’unico momento in cui si riconosceva e ritrovava il suo uomo, per questo non avrebbero mai rinunciato a quella piccola consuetudine cui da sempre dedicava con amore la prima mezz'ora della giornata.
La tazza fumante del caffelatte da gustare lentamente, godendo di quel fragranza che le stimolava i sensi: intingere i biscotti uno per volta, lasciando come sempre che le bricioline le si appiccicassero fastidiosamente alle dita. Anche quel solito dolce impiccio faceva parte del rito. E poi specchiarsi nell’azzurro dei sui occhi e ritrovarsi, ancora insieme.
Stava cercando lavoro e ogni giorno si scontrava con chi le sbatteva la porta in faccia, con chi la mortificava e la faceva sentire inutilmente inutile.
Si era gettata con foga nell’attività di ricerca di un lavoro e ora si sentiva stressata ed oltremodo frustrata.
E poi a casa nessuno pareva esser d’accordo con questa sua idea di lavorare. Era un’ambizione fuori dalla sua portata per sua madre.
Per Massimo era un fastidio cui si poteva fare a meno. Ci si sarebbe dovuti riorganizzare e poi, che sarebbe successo se fosse stata di nuovo male?
Il piccolo Andrea nemmeno prendeva in considerazione il problema, per lui era una certezza la disponibilità di sua madre e il suo essere a casa. “La mamma è a casa” affermV con sicurezza sconvolgente!Ed era disarmante, più delle critiche di sua madre o delle aspettative del marito.
Comunque, ormai, la sua “autonomia psicologica” lampeggiava sul rosso!
Riguardò quel biglietto lasciato sul tavolo, lo accartocciò, quasi non volesse cogliere la sfida, ma poi lo riaprì e rileggendolo lo attaccò al frigorifero, ben in vista.
D’impulso telefonò a Giulia.
Il telefono suonava libero, troppo libero. Pareva non esserci nessuno, ma Sophie sapeva che l’amica, sempre impegnata in mille faccende, avrebbe risposto solo sull'ultimo squillo, appena prima dell’intervento programmato della segreteria tlefonica.
-“Pronto!”
Riconobbe affettuosamente quel tono.
-“Non dirmi che sei già incazzata, di primo mattino?”
- “Sophie! Che bello sentirti. No, non sono incazzata, o meglio, forse sì… ma solo un po’. Insomma, i soliti casini ... E tu?”
-“Tutto bene.. o meglio, male… , bho? Sto passando un periodo così ...Ieri però ho messo in atto il nostro antidoto preferito... ricordi?”
-“Non dirmi che ti sei data allo shopping selvaggio!”
-“In effetti… bhè, lo confesso. Ho svaligiato tutti i negozi del centro e mi sono comprata un sacco di mogliettine carine e poi un paio di sandali che mi piacciono un sacco ... e anche un paio di zatteroni, tipo giapponesi, pieni di perline. Sono carinissimi sai? E poi dall'alto di quei 7 cm di zeppa mi sento davvero un gigante. Che sballo! Anche se, pensa che figuraccia se mentre mi atteggio a signorina belle mosse inciampo e finisco lunga distesa per terra! come l’altro giorno...
-“Oh no! Che hai combinato ieri, una delle tue?”
- “Ho travolto uno sulle scale del metrò.”
-“No, dai!? L’hai steso? Ed era carino?”
Scoppiarono a ridere e Sophie le racontò l’accaduto. Giulia era, forse, l’unica persona che potesse capirla veramente.
Erano amiche fin dall’infanzia e insieme avevano condiviso amori e passioni, paure e, e tanto.
-“Sai voglio dare una rinfrescata al mio look. Ho bisogno di scarpe nuove e ...lo so è un controsenso. Fatico a stare in piedi e cerco sempre scarpe nuove da indossare. La mia psicologa dice che rivelano la mia voglia di dominare il mondo. Però vorrei anche cambiare qualcosa alla mia testa... limitandomi ai capelli, però! Intervenire sul contenuto della mia zucca è un po’ più complicato.
Giulia Dall’altro capo del telefono sorrise, “Ci risiamo” pensò “Ora si lancerà in uno dei suoi soliti monologhi, povera me... “
-“ Sì, guarda, secondo me, il giorno in cui sono stata concepita Dio era talmente distratto da non accorgersi del disastro che si stava compiendo Ma quando se ne accorse stese il suo dito e ... “Che sia femmina! E magari un po’ tappetta, così almeno limitiamo i danni”. Ma si sa che le donne ne sanno una più del diavolo e forse anche di Dio, perché era pieno femminismo. Le donne oggi ne combinano di tutti i colori, per non parlare delle tappe... -
Giulia la interruppe.
-“Hai finito? Bene, vedo che sei riuscita di nuovo a stordirmi di prima mattina. A quando il prossimo round? Lo sai che sono sempre felice di offrirti la mia spalla e... le mie orecchie!”
-“Sì, lo so! Ed é per questo che ti ho telefonato. Ho bisogno di cambiare, e comincerei col rinnovare il mio look. Ma più di ogni altra cosa voglio, anzi devo lavorare!”
-“Bhe mi sembra una bella cosa. Hai pensato anche al colore dei capelli. Sai, quello sarà veramente determinante. La prossima volta che ti rivedrò sarai mora o bionda, riccia o liscia?”
-“Credo che mi rivedrai assolutamente rossa”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Diomira, sei travolgente! Spero al più presto di leggere un tuo libro. Mi è piaciuto moltissimo ciò che Sophie trova scritto nel bigliettino.
Brava!
Ciao Maddalena

Diomira Pizzamiglio ha detto...

Sai, non so più se ho voglia di scrivere un libro. Ho voglia di scrivere.

Naima ha detto...

diomira cosa aspetti a buttarti ne La Comune ? ..il progetto di scrittura colettiva per chi ha voglia di buttarsi..

Anonimo ha detto...

hai ragione! ma in questo periodo faccio fatica a "fare". Sono concentrata con l'avvocato, la psicologa, la grafologa, gli esami di terza media ....Sto sclerando, hi, hi, hi, chi meglio di me potrebbe!
Ho bisogno delle istruzione per l'uso, come si entra?

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