mercoledì 20 aprile 2011

L'estasi dell'artista

di Marika Nesi

Cioccolato amaro

Il pensiero della Pasqua ormai prossima stava diventando ossessionante. Tutto ciò che mi circondava, infatti, conteneva, in qualche misura, frammenti di cioccolato; e io, tartassata da quelle tentazioni continue, avevo pian piano deciso di cedervi. C'era il gianduiotto, che non mancavo di concedermi dopo pranzo; la barretta della merenda, e il voglino fondente serale.
Finché un pomeriggio cascai dritta per terra. Così, all'improvviso. Svenuta. Fui sistemata supina, col capo sul pavimento e qualcuno chiamò un'ambulanza.
Fui sorpresa, una volta in ospedale, nel rivedere il dott. Federico Maria Pollini: un compagno dei tempi del liceo, oggetto di scherno per il look, caratterizzato dai grossi occhiali marroni; e sbeffeggiato, il giorno della lettura dei quadri, con la diffusione di un filmato, che ne ipotizzava i lati oscuri, fatti di masturbazioni solitarie e insane manie di grandeur.
“Così ci si ritrova” affermò Federico, con la solita, vecchia voce piatta. Non un “ciao”, non un sorriso. Capii che non mi aveva perdonata per le angherie del passato e, ritrovarmi distesa e inflebata al suo cospetto, mi provocò uno strano senso di inquietudine.
Un'infermiera dal maquillage appariscente aprì la porta dello studio, e spinse il letto sul quale giacevo in un'altra stanza, con altri letti; e il giorno successivo fui dimessa: l'infermiera col trucco vistoso si sincerò che avessi ricevuto la lettera di dimissioni e mi congedò senza troppi convenevoli.
Fui ancora più sorpresa quando, appena qualche giorno più avanti, il postino mi recapitò un grosso pacco, da parte di Federico e con all’interno un uovo superbo, di finissimo cioccolato modicano. Rimasi qualche istante incredula, dinnanzi a quella pregiata leccornia e chiedendomi il significato di quel gesto inaspettato: un tentativo di approccio? O forse, Federico desiderava scusarsi, per essere stato così gelido? Accecata dal dubbio, aprii il biglietto allegato: “Mi raccomando, scartalo il giorno di Pasqua!”, commentava; e, nonostante l'impazienza che da sempre mi contraddistingue, decisi di dare ascolto a quelle parole, e mi apprestai ad aprire l'uovo la sera della vigilia. Mi sentivo elettrizzata, pervasa da un phatos che andava ben oltre la gola e la curiosità per la circostanza, e sentivo il cuore battere violento: finalmente, era giunto il momento della degustazione! E della verità. Rimossi il fiocco argentato, che cingeva la carta trasparente al vertice, e ne estrassi l'uovo: un ellissoide perfetto, liscio, privo perfino delle sbavature, in corrispondenza delle giunzioni.
Il profumo della vaniglia sprofondò fra le narici aperte, pronte a ricevere tanta delizia; e il tepore della stanza rese l'uovo un po' molle, così che, mentre mi accingevo ad aprirlo, mi ritrovai coi polpastrelli pregni di cioccolato, e li succhiai con foga.
Al centro dell'uovo, fra le due calotte disposte l'una di fronte all'altra, giaceva un plico, avvolto anch'esso nella carta trasparente. Lo aprii: era l'esito dei miei esami. Osservai fugace numeri e sigle, senza capire sul serio il significato di quei simboli sconosciuti e, mentre ne sfogliavo le pagine, una piccola busta bianca, celata nel mezzo, cadde sul pavimento. Strappai la busta e ne estrassi il contenuto: un altro biglietto.
“Congratulazioni”, recitava, “I tuoi esami evidenziano una persistente instabilità glicemica”. Sentii la schiena irrigidirsi e aderire perfettamente all'imbottitura della sedia. “In buona sostanza, mia cara, hai il diabete mellito”, proseguiva Federico. “Peccato! Non potrai godere di questo delizioso cioccolato”.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...