mercoledì 20 ottobre 2010

Di mamma (non) ce n’è una sola

di Annagrazia Giannuzzi
I desideri delle donne

E’ la società a forgiare le donne ed i loro desideri o viceversa? Prendiamo ” l’istinto materno” : esiste oppure no? E che cosa vuol dire esattamente istinto? Assecondando il desiderio di gravidanza la donna soddisfa un bisogno personale: prova a se stessa che può fare un figlio. A ciò non corrisponde necessariamente la voglia di avere o di crescere un bambino. Nella maggior parte dei casi questi due progetti coesistono nella medesima persona, o quantomeno, con il progredire della gravidanza cresce anche l’istinto materno. A volte, però, non è così, altrimenti non potremmo spiegarci i frequenti casi di abbandono di neonati, nemmeno gli omicidi. I figli non voluti, forse lo ripeto troppo spesso, non hanno la vita facile.
La curva della fertilità è ad una livello massimo tra i 18 ed i 30 anni. Dicono. Ma “l’orologio biologico” termine tecnico e fortemente ansiogeno con il quale si tende a razionalizzare il desiderio di maternità, da quella data comincia a rendere urgente la soddisfazione del bisogno.
Senonchè, superata poi una certa età, una donna che provi ancora il desiderio di essere madre e addirittura lo soddisfi, è considerata alla pari di nonna Abelarda – chi non la ricorda si documenti sulla recente scelta di maternità di una nota cantante italiana. Pochi sono disposti a considerarla ancora una donna, affine ad un concetto di femminilità, vicina ad atteggiamenti materni. Appare, invece, egoista, velleitaria e quasi inutile; oltre che inabile ai consueti obblighi di cura che e accudimento che, ancora oggi, costituiscono il pesantissimo bagaglio con cui ogni donna vede la luce. Mi chiedo seriamente come possiamo fare noi donne a riuscire a capire che cosa vogliamo veramente e come realizzarlo, con buona pace per la nostra sanità mentale.
Prima degli anni 60, quando i ruoli sociali erano piuttosto rigidi e la morale corrente poteva condizionare le scelte di ognuno, il destino delle donne era quello di diventare madri, lo volessero o no. Poi è arrivata la rivoluzione della contraccezione, mi riferisco alla pillola in particolare, accompagnata però dal timore che potesse danneggiare seriamente la salute delle donne o, peggio ancora, compromettere future gravidanze. Ancora mi imbatto con un modello di donna di pura fantasia, nato negli anni ’50, sempre sorridente che si occupa di casa, figli e partners senza mai lamentarsi. Che deve amare i suoi figli, perché altrimenti non è possibile. E che deve sentirsi felice di essere madre. Mi capita di incontrare donne che non si interrogano minimamente sui propri desideri, e che metttono in pratica ciecamente lo schema "matrimonio, figli". Guardare la pubblicità finisce per confermare che è così che dovremmo essere, è così che dovremmo vederci. Ne ho concluso che le componenti di natura culturale sono ancora fortemente vincolanti ed influenzano il desiderio di maternità. Se poi pensiamo alle figlie nate nelle famiglie modellate sugli stereotipi anni 60, abbiamo poche speranze di innescare un cambiamento consapevole. E’ inevitabile che il riferimento sia al modello di famiglia originaria, ad esso ogni donna si rivolge inconsciamente quando sceglie di avere un figlio o, al contrario, quando decide di non volerne. In particolare moltissime donne immaginano indispensabile l’aiuto ed il sostegno della propria madre, la quale riverserà sulla figlia e sulla sua famiglia, i propri modelli e stereotipi, attraverso una manipolazione affettuosa ma inesorabile. Sempre che voglia esserci. A questo riguardo molto determinante è proprio il legame con la madre, che nei primi anni di vita è per la figlia una figura di imprescindibile, con la quale identificarsi e instaurare una relazione intensa. Ma fondamentali sono anche il rapporto con il padre, il primo uomo di cui ci si innamora e da cui si desidera un figlio, e le prime esperienze sessuali. E accettando di usare il termine istinto materno mi posso considerare d’accordo sul fatto che esso sia il risultato di esperienze ed emozioni diverse che hanno inizio durante l'infanzia. Ma sicuramente è una costruzione culturale.
Sono comunque convinta che per una donna sia fondamentale poter scegliere di non avere figli. I figli non voluti spesso non hanno la vita facile, l’ho già detto. Penso che sia meglio che un bambino non nasca piuttosto che viva infelice. Può sembrare strano che queste affermazioni vengano da una donna come me che non ha avuto possibilità di scelta, perché è sterile. Ma avere un figlio oggi per chi può tradurre il proprio desiderio in una scelta cosciente e programmata, tanto di testa quanto di cuore, è solo una delle tante possibilità che le donne hanno di realizzare se stesse. E questo senso di realizzazione posso condividerlo anche come madre adottiva; forse sono addirittura facilitata. Perché io non solo ho desiderato le mie figlie, ma ho realmente potuto programmare la mia genitorialità e la mia crescita come madre. Quindi anche se il ruolo di madre rende le donne molto più severe ed esigenti con se stesse e le spinge a concentrarsi spesso eccessivamente sui figli, quando questo mi succede io riesco a ricordare che il mio non è un destino, ma una scelta libera e consapevole. Felice, anche se non meno faticosa.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...