venerdì 30 luglio 2010

Psiché

di Susana Liberatore
Il viaggio come metafora del cambiamento

Viaggiare è cambiare?. Con questa domanda d´inizio, vorrei riprendere la questione del cambiamento e dello spostamento come due concetti che si possono mettere logicamente in gioco. Non sono sinonimi, ma l´uno può rimandare all´altro.
Per rendere l´idea più precisa, comincerei citando diversi esempi. Nella letteratura universale possiamo trovare numerosi casi in cui l´obbiettivo principale è cambiare la prospettiva vitale del protagonista. Questo mutamento non solo modifica la vissione degli avvenimenti esterni, ma fa cambiare il protagonista stesso. “L´Odissea” di Omero può forse essere considerata come il primo viaggio iniziatico della storia. In questi tipi di “viaggio”, il protagonista prende nozione di sè stesso, della realtà esterna e di possedere una missione relazionale nella vita. Gli antecedenti provengono dalla più lontana antichità, e ancora persistono in alcune culture che conservano l´abitudine di realizzare una serie di “riti-iniziatici” che servivano e servono a raggiungere una categoria o condizione desiderata. Tra questi esempi, ci sono delle tribù primitive (in cui i membri puberi devono essere iniziarti alla madurità attraverso questi riti), tribù urbane, qualche setta religiosa e società mafiose che impongono qualche prova per essere ammessi.
E´ la stessa azione di “viaggiare” come prova che modifica la posizione del viaggiatore. Il “viaggio” stesso inserisce una scansione temporale, un prima e un dopo diversi. In questo punto d´ incontro tra l´atto di viaggiare e il tempo, vorrei citare un poema di Antonio Machado intitolato: “Caminante no hay camino”

Caminante non c´è cammino

Caminante, sono le tue orme
Il cammino, e nulla più;
Caminante non c´è cammino
Il cammino si fa andando.

Andando si fa il cammino,
E a volgere lo sguardo indietro
Si vede il sentiero
Che mai più si calpesterà di nuovo.
Caminante non c´è strada
Se non una scia nel mare.....
In questo poema si coglie bene il volgersi verso l´ indietro in cui si vede la differenza, cioè, il cambiamento tra ciò che si ripete incessantemente, sempre uguale, e il “fulmine” che frammenta la sequenza. Lo scorrere del tempo si ferma nell´atto che segna un avvenimento unico, indimenticabile, che lascia una traccia. E per questo, non occorre spostarsi, ma accorgersi del trascorrere della vita stessa. Vi lascio allora con un pensiero di Fernando Pessoa, che riesce a dirlo meravigliosamente così: ......”Viaggiare?. Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o nel mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti, sempre uguali e sempre diversi come in fondo sono i paesaggi.(...) La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo”.
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