domenica 5 luglio 2009

NON HO L'ETA'



Che fine ha fatto la Gertrude?

- sagge tonalità nel silenzio -
A cura di Chiara Cappellato

Brescello. Massimo, Vetro (gatto viaggiatore), io, il camper. Due giorni nei luoghi delle mie origini (Picasso diceva che per essere originali bisogna ritrovare la propria origine).
E’ molto presto, le 6.40. Esco a godere della quiete dolcemente interrotta da qualche uccellino che ancora sbadiglia. Un pioppeto, una strada di campagna e il paesello è subito lì, addormentato. Respiro il silenzio, inizio l’esplorazione dentro e fuori di me.
Silenzio. Perché Madre Terra l’ha creato?
La Cappe adora il Silenzio, anzi per lei è indispensabile. Ci sono persone che non ammettono di temerlo poiché denuda e sviscera pensieri che non vogliono riconoscere.
Cammino verso il paese e penso all’udito, dei nostri sensi quello che è perennemente in funzione, aperto al mondo, ma non può trattenere. L’udito ci guida all’ascolto della pace, l’alba collabora. Pensieri. Gli altri quattro sensi sono pronti per aprirsi alle emozioni che questa giornata riserverà. Curioso, osservo e cerco un posto dove affondarmi in un caffè, nella lettura di un libro o nella scrittura; seguirò la pancia, come il solito. La piazza è vuota, una deliziosa caffetteria di fronte la chiesa è già sveglia.
Le 7.00. Il Campanile avvisa puntuale.
A chi desidera, sta augurando il buon giorno, un lieto risveglio.
Mi fermo. Devo pensare. Le Campane. Sì, loro, amiche in questo sabato di vacanza.
Adesso non le tolleriamo più di tanto. O sbaglio?
Disturbano i poveri cittadini che devono rigenerarsi dopo ore frenetiche. Ogni giorno, alle 7.00, ci salutano. Noi le sentiamo solo il fine settimana. Dimenticate, le soffochiamo con il traffico, siamo morsicati da una tarantola, dall’attivismo, del nostro correre, dalla tecnologia/elettronica sempre in funzione. Non le vediamo né con gli occhi né con il cuore, ma pretendiamo comunque che tacciano dopo le 20.00. Altrimenti il sonno del mondo produttivo ne risentirebbe. Predilige la sinfonia di lavastoviglie o lavatrici in notturno.
Alzo lo sguardo, non sono più sola. Poso la penna. Si è seduta accanto al mio tavolo un’anziana signora, cappuccino schiumoso e il Resto del Carlino. La fisso a lungo (presa da elucubrazioni campanare) tant’è che se ne accorge e chiede sorridente se sono turista. Non “turista”, “viaggiatrice”; qui tutti ti danno parola come niente fosse e io non sono abituata.
Angelina, l’accento mi riporta all’infanzia e alla cara nonna, a dispetto dei suoi 80anni è già in piedi da un’ora perché deve camminare per la circolazione, in attesa della Messa.
In chiesa al microfono le letture, fiori e piante da sistemare, ha compito di supervisione-sacrestana. Prima però, sacro rituale, un buon caffè, due passi, due chiacchiere. Le 7.30; le Campane ci rallegrano, stavolta più intensamente. Chiedo ad Angelina se nessuno protesta. -“Sarebbe un sacrilegio”-, -“Qui, partiti i pullman, Brescello riprende autenticità, con rintocchi a ogni ora e a ogni mezza, come un tempo”-.
Anche nelle mie lande, ante sviluppo urbano, scandivano il fluire del tempo, voce del popolo, avvolgevano le comunità. Mezzo di comunicazione a distanza, creavano identità. Radio, meteo, orologio, giornale. Angelina mi spiega che il mattino suonavano a seconda della stagione. L’Ave Maria: era il momento del risveglio e dell’inizio del lavoro contadino. Alle 12.00 spaccate facevano posare attrezzi e invitavano a tavola. All’imbrunire, i Vespri, richiamavano al focolare, alla famiglia. Vere protagoniste, come nelle vicende di Don Camillo e Peppone che per curare “La Gertrude” si sono spremuti, tassati, sacrificati pur di vederla e sentirla rivivere.
A proposito: sapete che la campana è uno strumento musicale?
Ha origini antichissime, diffuse in tutte le culture e pare nasca in Cina millenni prima di Cristo.
La Campana Tibetana suonata da seduti accompagna la meditazione, nei Templi Shintoisti è il “gong” con cui il fedele si annuncia alla divinità, nel minareto è incarnata dal muezzin che invita i fedeli alla preghiera.
Povere cattoliche campane moderne, private di senso, della lingua universale che un tempo, confermano i miei vecchi, chiamavano a raccolta, annunciavano pericoli, gioie e dolori con tocchi diversi. Feste, sagre, vigilie si gustavano anche con il loro suonare e la vita ruotava attorno al Campanile. In Veneto è un monumento, ne abbiamo di stupendi (campanilismo: aggettivo adatto a chi è tradizionalista, chiuso, restio alle novità).
Presenze indispensabili e rassicuranti, avevano un nome, delle scritte. E noi oggi le abbiamo bandite, trascinate nel banco degli imputati, accusate d’inquinamento acustico.
Esageriamo, no?
E i campanili delle chiese di nuova costruzione? O non ci sono o emanano musica con il disco, dal classico “Din Don Dan” al motivetto della canzone dell’Azione Cattolica. Pazzesco.
Angelina se la ride alla grande e la barista si è pure unita alla nostra sonora discussione.
Donne siamo; sappiamo spassarcela chiacchierando davvero di tutto!
Finiamo in bellezza evocando il canto del gallo, altro mito, che renderebbe ancora più parlante il silenzio che non possiamo più ritrovare e nemmeno a immaginare. Assieme alle campane, al gallo, al silenzio dell’albeggiare, suoni destinati a tutti, abbiamo perso la sapienza di una quotidianità in pace con la natura. Che peccato.
Ci congediamo con un abbraccio e lei si avvia ancora verso la sua vita, così simile a quella dei nostri nonni in campagna.
A noi del Blog auguro di trovare, nei giorni di riposo estivo, la quiete di Angelina e di Brescello
Una proposta per voi: provate a pensare alle emozioni che suscitano in voi le campane.
Stasera o domani mattina riservate all’udito quanto basta per capire cosa hanno da dirvi (io credo che per ciascuno abbiano parole diverse) e raccontiamocelo.
In me luminosi, evanescenti ricordi di bambina, di una nonna che si raccomandava il mio rientro dal patronato “Quando suonano le campane”. Allora, per una bambinetta l’orologio era un lusso da regalo di Comunione, eppure rincasavo sempre puntuale!
Aspetto i vostri pensieri, ricordi e sensazioni.

N.B.: Giovanni Paolo II diceva: “E’ una bella cosa ascoltare il suono delle campane…e poi ciascuno porta in se una campana speciale che si chiama cuore, Questo cuore suona, suona e mi auguro che suoni sempre delle belle melodie, di riconoscenza, di ringraziamento…”.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

a proposito di campanili..butta un occhio alla vicina Carnia
http://it.wikipedia.org/wiki/Givigliana
baci antonella

Cappe ha detto...

Occhio buttato...che piacevole visione, parte di noi, della tradizione che continua!
baci
Cappe

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