domenica 27 gennaio 2008

DI MAMMA (NON) CE N'E' UNA SOLA

NASCITE. Il percorso di genitore.Continua la conversazione con Aurora.
A cura di Anna Grazia Giannuzzi.





- Pensi che si possa ragionevolmente ritenere che è possibile conservare il controllo della propria vita dopo la nascita di un figlio?
- Le risposte devono essere molto lunghe o possono essere laconiche?
- Possono essere anche laconiche, sì.
- La risposta è NO! Penso che anche quando tornerò ad essere più libera e Camilla farà la sua vita, non riavrò più il totale controllo della mia vita. All’inizio hai proprio l’impressione che il timone della tua esistenza passa a qualcun altro. Per me è stato così per il primo anno di vita di Camilla… Avere un figlio è un’esperienza irreversibile.

- Aspetta, tu sicuramente sei una che lavora affinché tua figlia da grande un giorno se ne possa andare via di casa….
- Sì. Credo che sia un lavoro che una donna deve cominciare a fare non appena si accorge di essere incinta… Anzi, probabilmente bisogna cominciare nel primo momento in cui hai solo pensato di poter diventare genitore.
Mentre parla mi rendo conto che sono perfettamente d’accordo con lei e che in questo si cela la fortuna e la felicità, oltre che la piena riuscita delle adozioni. Ho sempre pensato che relazione madre-bambino nasce molto prima della nascita biologica del bambino. Nasce dal desiderio della donna, della coppia, di avere un bambino. Per questo forse ai corsi ci dicono di fare molta attenzione al bambino immaginato.
La nascita di questo desiderio, però, affonda le sue fondamenta emotive dall’esperienza di accudimento vissute durante l’infanzia. Intendo con questa parola non soltanto le pratiche quotidiane, per esempio igieniche, che permettono lo sviluppo del bambino, ma la capacità emotiva del genitore di essere empatico e disponibile nell’accettare le manifestazioni del figlio come individuo a sé, e soprattutto staccato dalla madre. Giorgia, la mia psicologa, mi ha sempre ripetuto che è importante che io pensi che essere una madre “madre sufficientemente buona” è esattamente quello che serve alle mie figlie, nulla di più. Pare l’abbia detto un certo Winnicott, sul quale ci stiamo documentando. E quindi la capacità di amare e la sua modalità è legata all’esperienza di essere già stata accudita, quindi di essersi sentita amata. Quindi non fa male interrogarsi per cercare di capire come rappresentiamo noi stesse ai nostri occhi (la rappresentazione che la donna ha di se stessa), non fa male interrogarsi sulla relazione avuta con le figure materna e paterna, perché queste influenzeranno direttamente la rappresentazione che si ha del proprio bambino, e che a sua volta influenzerà direttamente il sé del bambino.
È così arriviamo rapidamente a (s)parlare delle nostre madri, che pur amando molto non abbiamo esitato a vivisezionare in maniera intransigente.

- Un lato di mia madre che mi ha pesato tantissimo è stata l’invadenza, questa sua capacità di manipolare le mie scelte e di impedirmi di sentirmi libera (ride… ancora questa parola…nel nostro vocabolario credo sia la prima, prima ancora di amore) nel farmi una vita mia totalmente, l’impossibilità di fare cose per lei impensabili, come ad esempio andare all’estero magari per un periodo, magari per sempre….
Credo che Aurora sia fantastica in questo. Alla scuola materna ho conosciuto alcune donne che tengo a buona distanza, che giustificano l’assoluta prepotente invadenza nella vita dei loro figli con il fatto di essere madri apprensive, quasi fosse una malattia incurabile, non mortale, ma invalidante. E che le pone comunque costantemente all’attenzione di tutti. Hanno figli che piangono molto e spesso, ai quali viene controllata la febbre, perché i capricci li fanno quando non stanno bene. Mamme che vogliono seguirli anche alle gite organizzate dalla scuola materna e si rabbuiano quando le maestre spiegano che l’esperienza che devono fare i bambini, in termini di crescita ed autonomia, perde di significato se ci sono i genitori.
Aurora, invece, mi mostra un equilibrio ed una modalità di rapporto con la figlia che mi rassicura. Camilla le manca tanto durante la giornata. Si sente male fisicamente e non solo per la stanchezza quando la sera torna a casa dopo le 19.30, un orario impensabile per una madre, ma tipico della sua professione.
- Anche per me è molto faticoso – le confermo - se la giornata di lavoro è andata bene mi sento soddisfatta, ma poi guardo l’orologio e vedo che sono le 20 o le 21 e le mie bimbe hanno già cenato, senza di me ed è tutto il giorno che non le vedo, non so come hanno passato la giornata, non so nulla di loro. Ci sono stati pomeriggi in cui sapevo che sarei dovuta restare a lungo in ufficio e pur avendone il tempo non sono andata a prenderle all’asilo perché mi si spezzava il cuore all’idea di riaccompagnarle a casa e poi di dovermene ancora separare. Ed uscire un’altra volta, con la solita domanda nelle orecchie: ma perché vai al lavoro, perché non stai con noi?
Nel gestire i tempi del lavoro, ci affidiamo entrambe al buon senso, che consideriamo però con sospetto perché può voler dire tutto o nulla. Non riusciamo, infatti, a darne una definizione.

- Il buon senso è un poco come l’anima: diciamo che esiste ma non si sa dove sta. – mi dice Aurora - Ce l’hai quando le cose vanno bene, quando il senso delle cose torna, altrimenti sono problemi. Quando sei madre tutti ti dicono che il buon senso ti aiuterà e poi l’amore risolve tutto, ma non è vero.
- Amare a volte ti crea problemi enormi, come potevo aiutare mia figlia grande quando stava male ed io non capivo, pur amandola? L’amore non è una risposta. Tutt’al più è una modalità: con amore. Ma le cose giuste da fare, non sempre le sapevo e non sempre le so. Per fortuna le mie figlie mi chiedono anche cose pratiche: di stare insieme, di fare cose con me e che io faccia cose per loro, le vesta, le accudisca, che dimostri che io penso a loro. Che renda evidente che adesso ci sono anche loro nella mia vita.

- E poi il gioco!

- Già, il gioco.

- Sai una cosa? – mi chiede Aurora.

- Cosa?

- Mi avevi spaventato molto quando mi hai detto parliamo della nascita.

- Perché?

- Perché pensavo di dover dire delle cose intelligenti.

(Risate)

1 commento:

Maddalena ha detto...

La risposta è proprio no, i figli ti fanno perdere il controllo della tua vita. Tipo guidare una macchina ad occhi chiusi, interessante vero?

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