Lasciarsi cullare dalle dolci rimembranze
Saranno le origini meridionali, sarà la nostalgia di casa che si fa sentire, ma quando penso alla Pasqua mi vengono subito in mente i dolci sublimi della mia infanzia. Il posto d’onore spetta alla ‘pastiera napoletana’, dolce dall’elaborata preparazione, a base di ricotta e grano cotto, che allieta il palato con un retrogusto di canditi e fiori d’arancio.
Come dimenticare l’inebriante profumo proveniente dalla cucina che al mattino mi sottraeva ai sogni di bambina. Mi alzavo e correvo dalla mamma che proprio in quell’istante sfornava le sue meraviglie. Il primo assaggio, dopo un anno di astinenza, era un’esperienza quasi mistica, un rito che si ripeteva puntuale. A seguire gli ‘ancinetti’, i biscotti ricoperti di glassa. Li preparava la nonna il venerdì santo. Impiegava una giornata intera: si dedicava prima all’impasto e poi con estrema perizia creava queste piccole forme tondeggianti e le infornava. Una volta cotti li immergeva uno alla volta nella glassa fusa che solidificandosi dava vita a dei candidi capolavori. La mia lauta ricompensa, come sua assistente, era affondare i denti in quella corazza zuccherina e gustare l’interno morbido e fragrante di limone. Una gran bella consolazione in quanto, a causa di un’intolleranza al cioccolato, dell’uovo di Pasqua mi era concessa solo la sorpresa.
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