Andrea De Benedetti, "Val più la pratica. Piccola grammatica immorale della lingua italiana", Laterza, 2010.
E’ nell’aria la primavera – anche se oggi nevica - che mi ha portato questo libretto.
Difficile essere divertenti e istruttivi però l’autore ci riesce. Con il sorriso sulle labbra ci accosta alla grammatica della lingua parlata, la lingua contro la quale ululano i ‘neo crusc a piede libero’ , quei grammatici seriosi per i quali frasi del tipo ‘io speriamo che me la cavo’ sono anatema.
Con una strizzatina d’occhio al suo lettore, l’autore fornisce una ricca bibliografia ragionata sotto il titolo ‘Farina di altri sacchi’. Un esempio: a pagina 49 ci propone un testo di Paolo d’Achilli e scrive, ‘Dove si scopre che Boccaccio e Petrarca, se fossero ancora vivi, prenderebbero cinque nei temi in classe.’
Anche i titoli dei capitoli sono uno spasso e spaziano da ‘La congiuntura del congiuntivo’ a ‘Dove ti porta il predicato.
Le spiegazioni sono puro piacere. Riporto un esempio dal capitolo 6. (Non) c’è di ‘che’
“E qui c’è Raffaello che si vede la faccia.” Avreste dovuto vedere la faccia. Non quella di Raffaello, che sporgeva, grave ma affabile, sul lato destro dell’affresco vaticano della ‘Scuola di Atene’ da lui stesso dipinto, ma quello del professore di Storia dell’Arte: un lupo mannaro a digiuno, con la bocca grondante da ambo i lati della bocca, lui che per solito era un uomo di mondo socievole e spiritoso.”
Carino, vero?
Poi l’autore fa seguire un’analisi precisa dell’uso di questo “che” e cita esempi illustri di scrittori che l’hanno utilizzato, da Calvino a Pasolini.
E se a voi, come ai neo crusc, vi viene da ululare contro questi discorsi, (avete notato l’uso colloquiale di ‘vi’ nella frase appena conclusa) vi prego, prima leggete il testo di De Benedetti.
Buona nevicata con aria di primavera
Maria Luisa
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