Un insolito destino
Da quando sono adulta l’arrivo della Pasqua mi coglie sempre impreparata. Anche quando cade tardiva, come quest’anno, a fine aprile, e nonostante venga rumorosamente annunciata, con largo anticipo, attraverso le più disparate attività di marketing.
In parte mi sorprende perché non sono praticante, quindi non ne colgo il pieno significato religioso, e in parte perché la curiosità di scoprire quale dono è racchiuso nell’uovo non è più irresistibile.
Al contrario della passione per il cioccolato, che (per fortuna) non registra alcun tentennamento, la liturgia laica di rottura del burroso contenitore ha perso il suo sapore magico, perché, in fondo, le sorprese per adulti non esistono. Quando non sono l’argomento del mese, naturalmente.
E allora, se devo scegliere, mi auguro di trovare nell’uovo un grande cambiamento.
Positivo, s’intende.
Il periodo suggerisce il rinnovamento: l’aria frizzante, che risveglia dal torpore anima e corpo; il riflesso della luce, accecante dopo mesi di penombra; i colori nitidi, finalmente saturi senza il velo grigio dell’inverno. Il profumo inconfondibile della primavera.
Ma, per la prima volta, quest’anno il cambio dell’armadio non mi basta. Desidero qualcosa di più significativo, un’evoluzione sostanziale: un vero e proprio upgrade dell’esistenza.
Sono stanca di essere rassicurata dalla routine. Esausta, come le batterie.
Vorrei che questa noiosa campana di vetro protettiva si rompesse in mille pezzi insieme all’uovo di cioccolato la mattina di Pasqua. E che, finalmente, un insolito destino fosse lì, pronto a travolgermi, anche se è solo aprile e mi trovo in città.
Ma non prima di aver assaggiato il fondente nero, per favore.
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