giovedì 21 gennaio 2010
Teatime
Beppe Fenoglio, Una questione privata, Einaudi
A cura di Maria Luisa Pozzi
Dice Calvino che questo lungo racconto “…. è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’ “Orlando furioso” e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio com’era (…) con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia.”
Questa la storia che Calvino definisce di “follia amorosa e cavalleresca” : siamo negli anni ’40 e una ragazzina torinese, Fulvia, è stata mandata dai famigliari ad Alba per allontanarla dai pericoli della guerra. Il protagonista, ragazzo timido e romantico, si innamora della giovane torinese e traduce alla sua amata canzoni e poesie inglesi.
Poi arriva il 1943 e l’armistizio. Il nostre eroe si unisce alla lotta partigiana e assume il nome di battaglia di Milton. Durante un’azione, Milton rivede la villa in cui abitava Giulia e viene informato dalla governante di una relazione fra la giovane e il suo amico Giorgio. Sconvolto dalla scoperta, va alla ricerca dell’amico per sapere che tipo di rapporto avesse avuto con l’ amata.
Ma Giorgio, anche lui partigiano, è stato catturato dai fascisti. Milton cerca disperatamente di liberarlo per conoscere la verità sulla relazione.
La ricerca di Milton prosegue l’aspetto “cavalleresco” del racconto ma qui si inserisce anche la visione della lotta partigiana “con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia.”
Emerge la solidarietà fra i partigiani, prima di tutto. Ivan, compagno di Milton, nel rientro alla base, viene distanziato dall’amico quasi impazzito dalla scoperta della relazione dell’amata. Improvvisamente si rende conto che quello sta per imboccare un ponte minato, “L’apprensione per il ponte gli era balenata proprio per caso e allora, sebbene già la milza gli bucasse la pelle, Ivan era scattato in salita ed era arrivato sul ciglione giusto per vedere Milton che si calava al ponte col passo implacabile e cieco di un automa. Si trovava a venti passi dalla spalletta. Gridò il nome di Milton …”
Poi il rispetto dei valori condivisi emerge nelle parole di un partigiano che difende la maestra collaborazionista, quella che augura “la morte coi lanciafiamme” ai partigiani. Alcuni la vorrebbero morta, ma il nostro uomo implora un amico con queste parole, “.. io non posso vederla fucilare. Facciamo qualcosa per l’amor di Dio.”
L’eroismo di tutti si rivela nel comportamento di un partigiano quattordicenne, Riccio, catturato con il coetaneo Bellini. Il ragazzo, condannato a morte, dapprima invoca pietà ma poi trova una sua eroica dignità
“Non mi toccate – urlò ai soldati che gli si restringevano addosso. – vado da solo. Ma non mettetemi più le mani addosso. Vado da solo. Se fucilate anche Bellini, con chi starei io in questa maledetta caserma, non resisterei più nemmeno un minuto, vi pregherei di fucilarmi. Che i soldati mi stiano lontani. Vado da solo. (…)”
Poi aggiunge, - Ancora una cosa (…) in prigione ho una torta che mi ha mandato mia madre. L’ho appena assaggiata, l’ho appena scrostata. La lascerei a Bellini ma Bellini mi viene dietro. Datela al primo partigiano che entrerà nella vostra maledetta prigione. Guai se la mangia uno di voi!”
A conclusione dell’episodio, abbiamo uno sguardo umano anche su coloro che avevano scelto la fedeltà al regime. Fenoglio narra che il tenente incaricato delle fucilazioni, “si calò una mano sui capelli che gli si erano tutti rizzati e lentamente, spossatamene camminò verso il corpo di guardia, ad aspettare Bellini.”
Bello, vero?
Ai giovani e ai meno giovani, spesso insofferenti di quanto ci è successo in passato, consiglio questo libretto.
Buona lettura da Maria Luisa
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